domenica 31 luglio 2011

La risposta alla crisi: "Fuori i coglioni!"

Gente incazzata. O un concerto degli ZZ Top.


Ad aprile avevamo proposto un metodo per valutare l'utilità di un'affermazione in risposta ad una domanda particolare (si veda Domandare è lecito, rispondere è R-quadro): in questo post veniva spiegato come un pratico scoring sulla soddisfazione di chi poneva la domanda e sulla brevità della risposta potesse paragonarsi al parametro R-quadro tipico di ogni analisi statistica. Oggi ci addentriamo più in profondità sulle cause di un R-quadro scarso o esaltante. 

Immaginiamo di voler creare un modello (lineare) composto da una certa quantità di osservazioni (y e x, con y dipendente da x). Ogni variabile indipendente x (x1, x2...) è affiancata da un coefficiente beta, c
cosicchè il modello finale risulta essere descritto da questa equazione:


Y = β0 + β1X1 + β2X2 +...+βnXn+ ui


Perplessi vero? Tutt'ora certe cose fanno uno strano effetto pure su di me. Beh, semplifichiamo, leviamo l'intercetta (β0) e la possibilità di errori extra (u), e giungiamo alla comodissima equazione:


Yi = β1X1 + β2X2 +....+ βnXn


Esempio chiarificatore: volete capire se sia possibile rintracciare il prezzo di una casa conoscendone la metratura, la posizione in città, il numero di stanze...Riassumendo 550 e passa pagine di Statistica di Newbold, Carlson e Betty Thorne si scopre che basta registrare in un database le caratteristiche di un numero sostanzioso di case (Y è il prezzo, X1 la metratura, X2 la posizione in città...), inserirle in un software apposito e lasciare che questo calcoli i coefficienti beta, ovvero il "come" le variabili X incidano sul prezzo Y. Un beta pari a zero significa che la variabile X corrispondente non incide in alcun modo nella formulazione della risposta alla domanda; nell'esempio, si potrebbe facilmente intuire che il colore delle tende non permette affatto di capire quanto possa costare l'immobile, per cui il beta della variabile "colore tende" all'interno del modello sarà prossimo allo zero.

Detto questo, passiamo all'argomento vero e proprio. Qualche giorno fa è stato lanciato l' Appello delle parti sociali per un patto di crescita e il rilancio del Paese. Di fronte alla più importante domanda che l'Italia si pone, cioè: "Come diavolo usciamo dalla crisi?", i sindacati maggiori più Confindustria più ABI più Alleanza Cooperative Italiane più altri hanno risposto:

"Guardiamo con preoccupazione al recente andamento dei mercati finanziari. Il mercato non sembra riconoscere la solidità dei fondamentali dell'Italia. Siamo consapevoli che la fase che stiamo attraversando dipende solo in parte dalle condizioni di fondo dell'economia italiana ed è connessa a un problema europeo di fragilità dei paesi periferici. A ciò si aggiungono i problemi di bilancio degli Stati Uniti. Ma queste incertezze dei mercati si traducono per l'Italia nel deciso ampliamento degli spread sui titoli sovrani e nella penalizzazione dei valori di borsa. Ciò comporta un elevato onere di finanziamento del debito pubblico ed un aumento del costo del denaro per famiglie ed imprese (attenzione ora viene il bello). Per evitare che la situazione italiana divenga insostenibile occorre ricreare immediatamente nel nostro Paese condizioni per ripristinare la normalità sui mercati finanziari con un immediato recupero di credibilità nei confronti degli investitori. A tal fine si rende necessario un Patto per la crescita che coinvolga tutte le parti sociali; serve una grande assunzione di responsabilità da parte di tutti ed una discontinuità capace di realizzare un progetto di crescita del Paese in grado di assicurare la sostenibilità del debito e la creazione di nuova occupazione."

Fine. Tutto qua. Ecco la grande risposta delle più grandi istituzioni economiche italiane. Ma cos'è sta cosa?! Sarebbe questa la risposta a come uscire dalla crisi?! A me invece sembra una scoreggia di quelle schifose. Una banfa, una renza, una poma...una "silente ma fetente"; chiamatela con tutti i sinonimi che volete, ma rimane sempre un peto silenzioso, una brezza ininfluente all'interno della tempesta finanziaria, appena appena avvertibile non per il rumore del soffio ma per la puzza fetida. Leggete bene: più della metà dell'appello è costituito dal copia-incolla dei titoli di prima pagina dei giornali dell'ultimo mese (perchè del resto fino ad un mese fa l'Italia "era l'unico paese uscito dalla crisi"), addirittura tirando in ballo il debito americano per mettere le mani avanti dicendo: "beh dai, non possiamo intervenire su tutte le cause...". Poi la frase: "per evitare che la situazione divenga insostenibile occorre" e via una (brevissima) serie di ovvietà barra banalità barra inutilità.

Dico: fuori-i-coglioni! E nel doppio senso dell'imperativo verso i responsabili della ripresa, ovvero: 1) che venga fuori il coraggio di un piano chiaro e univoco (anche a costo di un non completo accordo tra le parti) e 2) che vengano eliminati gli idioti dalle cariche importanti. 
Per quanto riguarda il primo punto, basta fare un salto nel passato e vedere come certi protagonisti dell'economia italiana fossero di gran lunga più attivi e propositivi. Alla fine degli anni 60, giusto per dirne una, di fronte a valanghe di scioperi, all'intuizione della fine del boom economico e ad una Confindustria che cazzeggiava un po' troppo, i giovani della stessa Confindustria proposero non un appello di 189 parole ma un documento di 300 pagine (Una politica per l'industria) che seppur tardivo e criticabile (non stiamo cui ad indagare sul giusto o sbagliato) cercava di dare delle risposte concrete alla stessa domanda: come uscire dalla crisi. Giovani da poco? Mica tanto: tirarono su un gruppo di under ed over che contava la presenza di Agnelli, Pirelli, Salza, Furio Cicogna, Roberto Olivetti. Tutti diplomaticamente contro quel duro di Angelo Costa.

Oggi la risposta per uscire dalla crisi è stata rintracciata secondo questo modello: 

Y= β*CGIL + β*CISL + β*Confindustria + β*ABI + β*altri

Pazzesco poterle inserire tutte in un unico patto, vero? Peccato che i loro β si siano dimostrati tutti vicini allo zero, diventando tutti insignificanti e lasciando la regia della ripresa ai protagonisti del punto 2) dell'imperativo, ovvero gli idioti dell'approvazione in nove minuti della manovra economica. 
Insomma, è ora che gli economisti e gli imprenditori smettano di scrivere su blog elitari o di parlare a conferenze a porte chiuse, e anzi scendano in piazza in stile "potere operaio" (mioddio cosa sto dicendo!) a prendere a calci nel culo i "liberalidelcazzo" (termine non mio, ma di quel satanasso di Boldrin) e pure i "socialistidelcazzo", i "sindacazzi"...

Per altro ringraziamo Bossi per averci portato il Ministero dell'Economia a Monza, così non dobbiamo fare la marcia fino a Roma per mandare qualcuno del punto 2) a quel paese.


Dan Marinos




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