lunedì 27 agosto 2012

Libero: l'inflazione delle stronzate aumenta.

La voglia di morire dopo aver letto l'articolo di Libero.


Questa settimana ho letto un articolo buffissimo su Libero riguardante l’inflazione degli ultimi dieci anni. E’ in effetti un tema di cui avevo già scritto a Maggio e il fatto di prendermela con quel giornale è quasi ignobile da parte mia, quasi come picchiare uno che sta cagando; forse un giorno i libri di letteratura parleranno di questo periodo come la fase meno lucida e innovativa del mio lavoro, ma tant’è.

Il giornale titola così: Grazie a dieci anni di euro la vita costa il 25% in più:  e la colpa è dello Stato. Alla base della notizia uno studio della CGIA di Mestre; diverse altre testate hanno pubblicato la ricerca: Inflazione: con euro prezzi su del 25%. Stangata su bevande e tabacchi (Giornale di Puglia); Prezzi, nei primi dieci anni di vita dell’euro inflazione al 25%, ma non per cibo e vestiti (TGCOM24). L’unico ad aver capito qualcosa della ricerca, come testimonia il sottotitolo, è il Quotidiano Nazionale che scrive: “A dieci anni dall’euro prezzi aumentati del 25%” Fotografia della  Cgia di Mestre – I dati evidenziano un’inflazione sotto controllo.

L’intenzione della CGIA di Mestre, ente che dimenticherò non appena finito questo post,  suppongo fosse quella di mostrare la diversa crescita dei prezzi all’interno delle regioni italiane (dico “suppongo” perché non ho la minima intenzione di leggermi tutto lo studio fatto, e rimando a quanto invece scritto negli articoli sopracitati). Libero ha invece preferito lanciare la notizia (che ieri era in primo piano sul sito) con un titolo sbagliato in ogni sua parola. Vediamo perché, spezzandolo in tre parti.

La vita costa il 25% di più: affinché un panino da 1€ costi dopo dieci anni 1.25€ è necessario che il prezzo aumenti di circa il 2,3% annuo. Una tragedia? Forse per chi ha la memoria di un appunto scritto coi Caran D’Ache sulle mutande di un sommozzatore; nei decenni precedenti l’inflazione (media annua e decennale) è stata:

·         1992-2001: 3,4% ; 40%
·         1982-1991: 8.6%; 128%
·         1972-1981: 15.2%; 313%
·         1962-1971: 4,2% ; 51%
·         1955-1961: 2,0%; 15% (in 7 anni).

In altre parole dobbiamo tornare al boom economico per vedere crescite dei prezzi contenute come quelle degli ultimi dieci anni. Questo porta al secondo spezzone del titolo.

Grazie a dieci anni di euro: beh, ragazzi, a guardare i dati dei decenni passati non c’è altro che da ringraziare. Guarda caso poi la media annua, quel 2,3%, si avvicina all’obbiettivo della BCE: π=2%. Ma allora dove sta l’errore? Ovviamente nel sarcasmo implicito, e poi...con il terzo spezzone del titolo.

E la colpa è dello Stato:  nell’articolo vengono elencati alcuni prodotti sopra la media del 25%. I tabacchi (+63%), le bollette di luce, acqua e gas (+45%) e i trasporti urbani e ferroviari(+40%), gli affitti per le case (ND%); in altre parole ad alzare i prezzi è lo Stato attraverso la tassazione (sulle sigarette) e le sue aziende pubbliche (vedi soprattutto acqua e trasporti). A questo punto l’ironia vorrebbe chiedere a Libero – se proprio il 25% di inflazione in dieci anni è ritenuto scandaloso – chi diavolo abbia governato negli ultimi dieci anni. Anche la logica poi vorrebbe avere il diritto d’intervento: se è colpa dello Stato a far crescere maggiormente i prezzi, che cosa c’entra l’Euro? Ed infine alzerebbe la mano anche la dignità: chi è il beota che ha fatto, sempre su Libero, il sondaggio “Dal2002 inflazione aumentata del 25%: è ora di uscire dall'euro?


Dan Marinos


P.S: Risultati del sondaggio

·         Sì, è l’unica soluzione: 52%
·         No, sarebbe peggio: 24%
·         Si, ma non solo l’Italia: 24%
·         La cipolla: 1 voto.


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venerdì 17 agosto 2012

Gestire la cassa in vacanza - Proposta per nuovi modelli

Il calcolatore di Leibniz, che ebbe vita breve in quanto poco pratico come euroconvertitore.



La banalità è uno scontrino del ristorante dato allo studente di economia il quale, rispetto alla compagnia di ingegneri, medici e cazzeggianti, è ritenuto obbligato a saper fare meglio i conti. L’apice della banalità è invece scrivere questo esempio in un blog o in una pagina di Facebook. Ma la vita è fatta di molti momenti banali, cari lettori, quindi non solo ve l’ho scritto ma l’ho anche piazzato come inizio di questo post.

Asimov, in Nove volte sette, raccontava di un futuro lontano dove le strategie militari erano affidate interamente ai computer in quanto l’umanità, abituatasi all’intervento degli elaboratori elettronici, non era più in grado di eseguire le più elementari operazioni aritmetiche. Io, nel mio piccolo, non ho alcuna remora ad usare la calcolatrice per dividere numeri con più di tre cifre o per quozienti fuori dall’insieme [1-5; 10 e multipli di 10]. L’importante è infatti saper gestire i numeri più che saperli calcolare; nel caso dello scontrino di cui sopra la massima si traduce quindi in una maggiore importanza del saper gestire il denaro che del saper fare ripartizioni a mente. Un laureato in economia deve quindi padroneggiare il ciclo della cassa in tutte le sue applicazioni quotidiane. Il caso più ricorrente nel periodo estivo è quello della vacanza in compagnia. Andiamo dunque alla ricerca delle soluzioni possibili per un’efficace ed efficiente gestione del denaro in spiaggia.

Fondo democratico a supporto del benessere del popolo: non fatevi ingannare dalla terminologia sovietica, si tratta della banalissima cassa comune. E’ un metodo che funziona per importi piccoli su un numero di partecipanti elevato, soprattutto quando la spesa è destinata ad una gamma consolidata di prodotti/servizi. La sua applicazione classica è “la grigliata al canale”; guai invece ad usarla come fondo per periodi lunghi come una settimana al mare, i punti di scontro sono pressoché infiniti: quanto apportare? Cosa comprare? Chi deve conservare una così elevata quantità di denaro? Tutte questioni risolvibili forse con un semplice processo di voto, ma ci si rende presto conto che la maggioranza che ha deciso le quote è anche la stessa che sceglie quanto spendere, lasciando di conseguenza una parte del gruppo sempre in minoranza. Nonostante il patrimonio iniziale appaia elevato sarà sempre necessaria una dolorosa ricapitalizzazione quando si è ancora al 33% del periodo feriale, riscaldando i malumori e le tensioni sui mercati primari.

Il mercato dei depositi interbancari: paga chi c’ha i soldi e dopo si fanno i conti. Metodo pratico e snello, che dà ossigeno agli spinacini che non vogliono pagare subito ma preferiscono dilazionare il debito in rate future (per esempio offrendo birra per tre weekend di fila). Il problema è che un numero di persone superiore a 5 genera una rete di partite doppie che dovrebbe assolutamente essere contabilizzata con cura ma che invece viene quasi sempre "tenuta a mente". I rischi sono anche qui molteplici: saldi che non combaciano, schemi di compensazione multilaterali (A deve a B che deve a C che deve ad A), catene di leverage spaventose (A chiede i soldi a B il quale dice di prenderli da C che si rivolge a D che non ricorda di dovere quei soldi perché ha già pagato a F quando erano al ristorante.). E a quel punto non c’è Draghi che possa risolvere la crisi di liquidità.

Vacanze Formigonzi (per sfigati): “Alla fine del periodo di vacanza si fanno i conti e ognuno paga la sua quota […] uno si fa carico dei biglietti aerei, uno del ristorante, il terzo delle escursioni, alla fine si dice tu hai speso 10, tu hai speso 5 e compensiamo.” Potrebbe sembrare simile al metodo precedente, solo che questa volta, al rientro dalle ferie, i partecipanti devono dimenticare con chi hanno trascorso il periodo. Eventuali pagamenti non conguagliati vengono regolati solo dopo l’intervento della magistratura.

Libera scelta in libero Stato: vietato categoricamente pagare alla romana, qua si deve solo ciò che si è preso. Questo comporta l’apparente soddisfazione di tutti i viaggiatori, che fanno esattamente ciò che vogliono (e soprattutto ciò che possono permettersi). La frase: “facciamo una cosa tutti insieme” deve diventare “facciamo una cosa insieme, ma ognuno come cazzo gli pare”. Si va in spiaggia? Uno affitta il motorino, l’altro la bici, l’altro va a piedi e il quarto rimane a casa che ha sonno. Usciamo stasera? Due vanno in discoteca a caccia di figonze, due sul lungo mare a caccia di ragazze romantiche, uno a caccia di vodka nei bar e il quinto sta a casa che ha sonno (ma poi va a caccia di pornazzi sui canali locali). Individualismo finanziario fino al midollo. Domanda chiave nel viaggio di ritorno: “Ma tu cosa hai fatto di bello?”.

Agenzia La Margherita (per smaliziati): ci si candida volontari come tesorieri del gruppo: una responsabilità non da poco visto che bisogna andare in giro col contante di tutti. Si risolve il problema della sicurezza del contante col gesto brillante di pagare tutto con la propria carta di credito. Poi, da soli, ci si reca alla cassa e si fanno sparire gli scontrini non appena vengono battuti. A quel punto, quando i compagni chiedono quant’è, si arrotonda sempre l’importo per creste tra il 2.5% - 5%.

Dio vi ha dato la fede, Satana i soldi. A voi scegliere chi invitare ancora per la prossima vacanza.



Dan Marinos 

lunedì 6 agosto 2012

Voja da laurà saltem ados (che ma sa scànse)

 LA_O_A_E  FA  CA_A_E



Un Agosto in preallarme. L’aria comincia a puzzare come l’ingresso dei Pirati a Gardaland. Alcune cose vengono a galla, ma sono solo le verruche di un mostro marino di dimensioni dinosauriche. Non parlo del potenziale progetto politico di Giannino, e nemmeno delle prime sparate giudiziarie su Conte. Sto parlando di qualcosa di ancora più catastrofico: l’avvicinarsi del mio primo vero impiego. Mancano ancora due mesi, è vero, ma provate voi ad andare dal Presidente degli Stati Uniti e dirgli: “Un asteroide punta dritto verso la Terra! La cattiva notizia è che praticamente non possiamo farci nulla. Quella buona è che ci colpirà tra due mesi.”. Non avrò nemmeno la squadra di trivellatori buzzurri a potermi salvare dalla fine degli studi. Segni di disagio mentale da lavoratore cominciano ad affiorare in questa ultima estate per l’ultima volta lunga un trimestre; la frase-tipo non è più “Quanta gente c’era a fare il bagno al fiume” ma “Quanta gente c’era a fare benza all’Agip”. Da lì è un passo dire: “La familiare non sarà bella da vedere ma alla fine è la macchina più comoda”.

Su tutte e senza ombra di dubbio la parola che più fa accapponare la pelle è “ferie”. Cosa vuol dire? È una nuova malattia pandemonica, visto che sta colpendo quasi tutti i miei amici? Di sicuro è un terrificante segno del tempo, un evento di completa rottura col passato. Bisogna stringere i denti e accettare la dura verità come quando da piccoli si andava dal dentista: ebbene, il 2 Gennaio si lavora. Il passaggio vacanze-ferie è re incontrastato di altri fenomeni che in questi mesi avvisano l’inarrestabile corsa verso il precipizio: dallo scoprire un nuovo atleta o calciatore nato negli anni ’90 al notare come il piccolo blocco di economisti e giornalisti stia rafforzandosi tra le mie amicizie di Facebook. Bei tempi quando ci si gasava per l’ingresso in campo di un nato nel 1988 e copiose lacrime di nostalgia al pensiero del primo gruppo a cui mi iscrissi sul social network: “Piselliamoci Ilaria D’Amico”.

Intanto con due amici mi sono messo alla ricerca di una casa a Milano, ma con la stessa metodologia con cui si cercano gli appartamenti per le vacanze: lungi da me pensare di starci per degli anni. La società che mi ha assunto mi ha riempito di domande difficili, riguardanti sigle tipo INPS, TFR e 730, e le uniche cose che mi vengono in mente sono certe scene di Fantozzi, solo che non sono ancora vecchio come lui, per cui prima della stagione del dipendente sulla soglia della pensione dovrò passare per l’era del trentenne disperato alla Ultimo Bacio, film che mi avevano fatto vedere in prima superiore e credevo fosse una storia di fantasia come Fantaghirò e la prima ruga. Di fatto l’ansia e la preoccupazione non mi permette di distinguere tra realtà e incubo. L’altro giorno mi sono lavato la faccia e ho visto allo specchio la morte de Il Settimo Sigillo, solo che anziché una lama teneva in mano un Gillette: “Tagliamo anche le basette vero?” ha detto, ridendo maligna. Ieri sera invece ho aperto il cassetto per cercare i calzini e ho visto le cravatte: “Che nodo ci facciamo?” ha chiesto un boia incappucciato toccandomi la spalla.

Insomma, prospettive drammatiche. E per fortuna che non sono quel tipo di persona a cui prima o poi viene la menopausa.

Dan Marinos