“Bene, direi che puoi cominciare con un bel cut-off finanziario.” disse il primo giorno il senior.
“Ok” disse lo stagista
“Sai cos’è?” chiese il senior
“Ok” disse di nuovo lo stagista.
Sono in stage da poco più di un mese presso una società di revisione contabile e ho già capito tutto. Tutto. E neanche da dire che ho visto tante aziende diverse in questi 30 giorni; no, sono stato sempre dallo stesso cliente, una società produttrice di betoniere e pompe autocarrate per il calcestruzzo. Eppure ho capito tutto. Come no.
Partiamo appunto dal cliente e dall’interesse naturale ma non troppo logico che gli stagisti (e probabilmente anche molti delle persone assunte ufficialmente) provano verso di lui. I primi giorni, quando frequentavo con tutti gli altri pischelli alle prime armi i corsi di preparazione, era un continuo domandare: “Dove ti hanno mandato?”, seguito dalle seguenti risposte, disposte in ordine decrescente di stima che si creava negli occhi di chi aveva fatto la domanda.
· “Da Armani!”
· “Al Gruppo RCS!”
· “Da Unicredit!”
· “Da Philips.”
· “Da Auchan.”
· “Guardi che sono l’uomo delle pulizie.”
· “Da una società che fa betoniere e pompe autocarrate per il calcestruzzo”
L’errore dello stagista sta nell’identificarsi di più nel cliente che nella società di revisione. Errore: i revisori non sono altro che benzinai i quali forse proveranno invidia davanti ad una Ferrari e pena davanti ad una Twingo primo modello, ma che comunque sanno che 50€ di verde sono uguali per tutte le automobili e soprattutto per le loro tasche. O, se l’esempio del benzinaio vi sembra troppo low-profile, vi dico che il revisore è come un ginecologo, ma non vado oltre perché ci siamo capiti benissimo.
Lo stagista-revisore nell’azienda di medie dimensioni con sede nell’hinterland milanese viene visto con curiosità, come gli animali descritti da Marco Polo. E’ un giovanotto in giacca e cravatta che gira per gli uffici e fa domande di cui non è troppo sicuro di aver capito il significato, o che staziona davanti alla fotocopiatrice e ascolta i peggio gossip o le lamentele tra impiegati stile:
- “Ma sta fattura quando arriva?”
- “E’ inutile che te la prendi con me, lo sai che di queste cose se ne occupa Giangiovanni, che non ha mai fatto un cazzo in vita sua, figurarsi a due settimane dalla pensione”.
- “E la farfallina di Belen, ne vogliamo parlare?”
- “BASTA! Non posso farmi venire i sintomi dell’infarto a cinquantadue anni, per questa azienda che non se lo merita!”
- “A Cuba ho mangiato l’aragosta ancora viva, un carpaccio di aragosta.”
Le relazioni sociali sono rese difficili anche dall’ostica gestione del “dare del lei, diamoci del tu”. Nel team tutti si danno del tu, e lo stesso succede con gli impiegati della società sotto revisione, per cui capita di parlare col responsabile della tesoreria o dell’amministrazione in tutta tranquillità. Il “lei” lo si rispolvera solo nel caso in cui l’interlocutore è veramente uno di alto livello, ma questo capita molto raramente per uno stagista (tranne quella volta in cui ho chiesto al CFO come far ripartire la mia automobile che aveva la batteria andata. Ma questa è un’altra storia). Inizialmente dare del tu a tutti quanti, soprattutto managers e partner, è un po’ difficile e si fatica non poco cercando di rimanere del tutto impersonale nei dialoghi. Poi però ci si abitua, e onestamente ora temo per quei rapporti interpersonali dove il Lei è d’obbligo; ho il terrore insomma di rivolgermi al mio futuro professore-relatore con un secco: “We zio, cacciami la tesi!”.
Certo, il partner rimane comunque una figura che intimorisce, specialmente nelle poche occasioni in cui si rivolge allo stagista; come quella volta che ero seduto accanto a lui e il mio povero, vecchio, rovinato cellulare Nokia stonava accanto ai Blackberry aziendali dei membri del team:
“Di chi è questo cellulare?”. La domanda sorprese tutti, visto che il partner alza la testa dal computer solo per estorcere informazioni complicatissime ed esclusivamente riferite alla revisione in corso.
“…..è mio.”
“Ah, adesso danno questi cellulari ai neoassunti?”
“No…è mio…”
“Ah…sgrunf!” e ritornò in immersione nella revisione di magazzino.
Dopodiché si apre il capitolo Le peggio cazzate fatte in stage: dall’aver lanciato la stampa di un intero foglio excel (150 pagine) per poi maledire (gaglioffi) assieme alla manager l’idiota che ha sprecato così tanti fogli, al recarsi in Calabria per contare le fotocellule di pannelli solari di un magazzino all’aperto proprio durante gli unici due giorni di pioggia annuale sulla regione. Ma questo vi verrà raccontato un’altra volta.
Dan Marinos
“Chi ha fatto il cut-off finanziario?” disse il partner
“Io!” rispose lo stagista
“Come mai non è stato messo l’estratto conto della controllata XYZ?”
“Perché non c’erano operazioni con importi significativi”
“E voi come avete fate a saperlo?”
“Beh, perché abbiamo controllato gli estratti conto, con tutte le operazioni dettagliate.”
“E perché non è stato messo l’estratto conto di XYZ?”
“Perché non c’erano operazioni con importi significativi”
“E come facevi a saperlo?”
“Beh, perché abbiamo controllato gli…Ok.”
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