sabato 28 gennaio 2012

Tra i leoni, l'aquila fascista


Repubblica.it, 24 gennaio 2012


Scrivo in uno stato di tensione insostenibile, ma non mi rimane altro che alimentare il mio tormento: riguarderò quella finestra di quel pensionato, nella squallida strada milanese, e scatterò un’altra foto. Tuttavia, io non sono un debole. Non sono un degenerato. Quando avrete finito di leggere quello che, tra i brividi della febbre, sto scrivendo, forse riuscirete a comprendere le mie ragioni.

Tutto cominciò mentre camminavo per le strade di Milano e riflettevo sulla mia carriera di giovane giornalista di Repubblica. Avevo bisogno del classico scoop sensazionale con cui farmi notare in redazione. Percorrevo assorto e senza direzione le vie già buie nel tardo pomeriggio invernale, senza badare né alla gente che mi camminava attorno né ai luoghi che stavo attraversando. Una giornata che si poteva chiudere in maniera banale (e solo ora capisco che la salvezza sta nella routine) se non fosse stato per un qualcosa, una sensazione, che mi fece alzare lo sguardo rivolgendomi alla parete di un grande edificio. Sembrava un incrocio tra un condominio e un palazzo pieno d’uffici: molte erano le finestre illuminate, ma solo una aveva le tapparelle sufficientemente alzate da permettere di vedere chiaramente l’interno della stanza, o per lo meno il muro laterale sinistro. Mi parve di vedere una figura muoversi al di là dei vetri: soltanto un profilo, apparso e scomparso nella stessa frazione di un battito di ciglio, ma che mi pareva di conoscere benissimo. Quando si allontanò, potei vedere appesa alla parete una bandiera italiana inquietantemente e terribilmente diversa dalle solite bandiere: aveva una grande aquila al centro, che teneva tra le zampe il fascio littorio. Era una bandiera fascista. Fermai un passante e chiesi: “Scusi, che edificio è quello?”. Lui mi rispose che era il pensionato degli studenti della Bocconi.

La Bocconi, l’università dei figli della borghesia, della autoproclamata classe dirigente del futuro. Era stato un anno in cui l’ateneo privato era salito sulle pagine dei giornali numerose volte, inizialmente perché uno studente omofobo aveva insultato alcuni membri del gruppo universitario vicino ai diritti degli omosessuali e imbrattando le locandine dell’associazione con scritte filonaziste. Poi l’elezione del Presidente della Bocconi a Primo Ministro italiano. Infine le manifestazioni dei collettivi degli istituti statali che tentarono o per lo meno dichiararono di voler assediare la Bocconi. Quella finestra e quella bandiera appesa erano lo scoop che cercavo. Purtroppo non avevo con me la macchina fotografica, e dovetti ritornare a casa. Il giorno dopo, alla stessa ora, ero di nuovo sotto il pensionato studentesco: le tapparelle erano ancora alzate, e la stanza illuminata. Puntai l’obbiettivo, guardai nel mirino e... vidi qualcosa di assurdo. Alla finestra, con il braccio destro alzato, c’era un uomo. In un primo momento speravo fosse lo studente; un secondo dopo invece riconobbi Benito Mussolini. Istintivamente scattai la fotografia e subito dopo provai a guardare direttamente con i miei occhi, ma potei solo vedere la sagoma allontanarsi dalla finestra. Ora, attraverso i vetri, appariva soltanto la bandiera. Controllai l’immagine che avevo scattato ed eccolo lì, Mussolini, che si sporgeva e salutava una folla inesistente. Rabbrividii di sconcerto; paralizzato e curioso, rimasi due ore sotto il pensionato, con la stanza che rimaneva illuminata, la bandiera e l’aquila fredde e immobili come un affresco. Non si affacciò nessuno. Tornai a casa e pensai a quella foto per tutta la sera: la guardavo e la riguardavo, e non capivo. Forse era uno scherzo, forse era solo una sagoma di cartone; forse colto di sorpresa credevo di averlo visto muovere e salutare. Valeva la pena ritornare il giorno dopo, alla stessa ora.

Ritornai l’indomani. Inquadrai di nuovo la finestra e vidi una testa sorridermi. La persona doveva essere piuttosto bassa, perché il volto arrivava a fatica al davanzale. Scattai e guardai lo schermo LCD: era la faccia di Silvio Berlusconi. Puntai di nuovo l’obbiettivo, ma non c’era più nessuno: solo la bandiera fascista. La testa mi stava per esplodere: volevo raccontare tutto in redazione, eppure avevo paura di non essere creduto. L’unica cosa da fare era tornare ancora una volta. Se possibile, la terza fotografia che scattai fu ancora più sconcertante di quelle precedenti: questa volta dalla finestra si agitava un pupazzo verde. Era Kermit la rana. Cazzo, non ci capivo più niente. Oramai era diventata un’ossessione. Ogni giorno tornavo e vedevo un personaggio nuovo e assurdo. Molti di loro non potevano nemmeno esistere, perché erano già morti. Ero distrutto psicologicamente e anche il corpo rimaneva trascurato; il mio aspetto era trasandato, tanto da sembrare uno di quei personaggi di Lovecraft. Scattai decine di foto, mentre in redazione mi facevo vedere poco. Un giorno il mio capo redattore mi convocò esigendo un articolo; avevo la fotocamera con me e trovai il coraggio di mostrargli le fotografie. Gli anticipai che riguardavano il pensionato della Bocconi, e quando vide la prima, rimase sorpreso: “Una bandiera fascista in Bocconi?! Pazzesco!”. Poi fece una carrellata delle altre foto e la sua espressione tornò neutrale: “Come mai così tante foto uguali?”. Chiesi di restituirmi la fotocamera e guardai le immagini con tutti quei personaggi impossibili: “Come uguali? Non vede chi si affaccia dalla finestra?”. Lui risposte di no. Balbettando, gli descrissi cosa vedevo io. Mi guardò come uno che si sente preso per il culo e chiamò un collega che stava passando di lì. Anche lui vedeva soltanto la finestra e la bandiera. Sbiancai. Il caporedattore mi disse di scrivere alla svelta l’articolo, dato che la foto era davvero eccezionale: “Aggiungi anche che in Bocconi sono già capitati episodi di stampo neonazista e omofobo. Mi raccomando però, non scrivere che il colpevole di quei fatti è già stato punito severamente, se no che articolo-scandalo è? Dai, che siamo pure a ridosso della giornata della memoria.” mi disse facendomi l’occhiolino. Io comunque continuavo a non capire. Ero diventato pazzo?

Uscii per strada e mi avviai verso il pensionato, verso la finestra, verso la bandiera fascista. Per strada fermai qualche passante per mostrargli le fotografie: tutti vedevano soltanto l’aquila e il tricolore. Corsi a perdifiato ed arrivai sotto quel luogo di follia. Inquadrai e quasi svenni: appoggiato coi gomiti al davanzale c’era Ezio Mauro, il direttore di Repubblica. A quel punto decisi di risolverla una volta per tutte: feci un rapido conto del piano dell’edificio e della posizione della camera ed entrai nel pensionato. Quando arrivai in corrispondenza dell’ala dove si doveva trovare la stanza, raggiunsi il punto di non ritorno: non c’era nulla, era soltanto un corridoio senza porte. Mi arresi alla follia. Scrissi l’articolo esattamente come il giornale si aspettava. Venne pubblicato su internet sia nell’edizione milanese che in quella nazionale; probabilmente anche su quella cartacea. La foto della finestra era lì, accanto alle quattro righe che riuscii a battere al computer.

Conservo tutte le fotografie in una cartella. Ogni giorno ne compare una con un personaggio nuovo. Ogni giorno mi reco sotto la finestra, per vedere cose che nessun’altro vede. Ogni giorno mi ripeto che forse sono diventato pazzo; ma un ultimo disperato tentativo lo voglio fare. Allego a questa lettera qualche mio scatto, sperando che nel mondo ci sia qualcuno altrettanto pazzo da vedere cose che non esistono.


  
 
Of course, questo che avete appena letto è un racconto di fantasia. Non è una confessione del giornalista che ha scritto il pezzo in questione, né una mail riservata né un manoscritto trovato in cantina da Manzoni. Tra l'altro Repubblica in questi giorni si è davvero scatenata in quanto ad articoli idioti (vedi qua un altro caso altrettanto imbarazzante). Libero e il Giornale hanno una nuova, temibile concorrente.

Dan Marinos

domenica 22 gennaio 2012

Career Service – Come candidarsi in maniera efficace


Il colloquio individuale


Tra qualche giorno diventerò un ometto. E’ infatti giunto il momento di entrare nel mondo del lavoro dopo 23 anni fantasticamente passati ad imparare il rendiconto finanziario e a colorare rimanendo negli spazi (non euclidei).  Un po’ di preparazione all’evento l’avevo già fatta negli ultimi 4 anni universitari, tra presentazioni d’azienda, seminari sulla preparazione del CV e del colloquio, testimonianze di studenti già in stage e leggende metropolitane varie. Forse i consigli più utili sono stati dati dal Career Service, ufficio che fa da ponte tra l’università e l’impresa: qua con me, ancora aperta, c’è la Career Guide che mi diedero in triennale, un libricino che descrive tutti i passi fondamentali per l’assunzione: la scelta, la ricerca, la selezione, l’inserimento professionale. 
Certe volte credo di aver allegramente infranto i principi esposti nella guida e nonostante questo l’altro ieri una voce al telefono mi comunicava l’esito positivo del colloquio (con la stessa verve dell’omino del meteo in un villaggio nel deserto del Sahara); credo valga dunque la pena scrivervi i miei errori affinché voi li ripetiate. Li raggrupperò secondo i capitoli della Career Guide, aiutandomi con i principi della stessa.

La scelta – Per definire e realizzare il tuo obiettivo professionale è importante partire dai tuoi interessi e capire le tue priorità, ma anche tener conto delle possibilità offerte dal mercato del lavoro.
Ho avuto 4 anni di tempo per capire esattamente cosa volessi fare nella vita: troppi, perché si cambia idea piuttosto facilmente. Solo con l’arrivo del secondo anno di specialistica, che comporta lo stage obbligatorio, arriva il momento di darsi una mossa e capire che cosa si vuole fare: io me la sono presa abbastanza comoda, anche perché negli ultimi quattro mesi ero occupato a litigarmi le banane con le scimmie in India. 
Appena tornato ho capito che era veramente il caso di sbrigarsi, con tutti i miei compagni già impegnati o in procinto di cominciare lo stage; sono andato a ripescare il mio CV e l’ho aggiornato. Nel frattempo ho cominciato a pensare seriamente a dove volessi candidarmi: salta fuori che il settore più idoneo ai miei interessi e priorità era quello che, più o meno, avevo sempre vituperato. Questa scoperta, unita al terrore di entrare in un mondo dove la parola “vacanza” è sostituita da “ferie”, genera uno scombussolamento psichico che porta ad avere insonnia ed incubi: sogno che un gruppo di ecoterroristi ha rapito un malvagio manager e che hanno scelto me come intermediario per il riscatto. Dicono che mi chiameranno alle sei del mattino per i dettagli dell’operazione: io (sempre nel sogno) mi sveglio alle dieci e perdo così la chiamata. Niente panico, han lasciato un messaggio in segreteria; purtroppo la voce è disturbata da un sottofondo di canzoni degli Area mentre mia madre continua a disturbarmi con notizie inutili mentre disperatamente cerco di prendere appunti. Poi mi richiamano, e appena rispondo sento un' esplosione correlata da un lampo accecante: è la sveglia, quella vera. Sono le sei del mattino di Giovedì e devo andare a Milano.

La ricerca – Il Career Service può esserti di supporto fornendoti indicazioni utili a soddisfare le tue specifiche esigenze [attraverso strumenti come:] monografie sulle professioni, studi di settore, rassegna stampa lavoro, percorsi di carriera, associazioni professionali, schede, repertori di aziende, job gate, siti e brochure.
Quel Giovedì mattina decido per sfizio di passare dall’ufficio del CS per far dare un’occhiata al mio CV, giusto perché avevo un paio di dubbi riguardo alla forma di alcune voci. La responsabile, gentilissima, mi indica gli errori e mi chiede in quale settore ero interessato. Sentendo la mia risposta, una vicina di scrivania si alza e dice: “La società ABC ci ha detto che sono avanzati dei posti e stanno cercando velocemente dei candidati per un colloquio, la settimana prossima!” Stavo ancora cercando di valutare gli eventuali messaggi reconditi nel mio incubo della sera prima quando dissi di inviare pure il mio CV fresco di revisione. 
Il primo contatto da parte dell’azienda, che spesso costituisce già un importante step di valutazione, avviene solitamente per telefono. Ciò significa che in quel momento nasce il primo scambio diretto con il candidato, quindi verrà data attenzione alla tua prontezza e alla modalità di relazione verbale. Alla sera incontro un’amica che mi dice: “Adesso stai attento a tenere sempre il cellulare sotto mano, che se non rispondi può essere che non ti chiamino più!”.
 Ha ragione, perfettamente ragione. Metto sottocarica il cellulare e metto la suoneria al massimo volume. La notte passa tranquilla, e già al primo mattino, quando l’orologio indica dieci e mezza, mi reco al bar ad incontrare un’amica. Faccio lo scontrino, mi siedo, bevo il caffè, sparo due vaccate e poi dico: “Caspita, adesso devo tenermi il cellulare sottomano perché magari mi chiamano”. Prendo il Nokia in mano e…chiamata senza risposta. Imprecazioni. E’ un numero fisso sconosciuto, di Milano. Eresie a bassa voce. Chiamo, numero occupato/staccato tipo centralini che non puoi chiamare. La Madonnina in Duomo sgrana gli occhi come dire: “ho sentito bene?!”.
Ma la fortuna è dalla mia: un’ora dopo risponde una responsabile del HR che mi fissa la data del test di gruppo: il Martedì successivo, alle nove del mattino. Passo un weekend piuttosto tranquillo, con il cellulare legato con scotch industriale al mio orecchio; Lunedì pomeriggio mi chiamano per fissare l’appuntamento del colloquio individuale e io rispondo prontamente, con una nonchalance magistrale. Poi metto il telefono metto sottocarica. Dopo qualche ora, mentre cazzeggio per casa lo vedo con la coda dell’occhio illuminarsi: per un motivo misterioso quando è sottocarica il mio Nokia non suona. E difatti ecco una chiamata senza risposta: sono di nuovo loro. La Madonnina annuisce e pensa: “Eh si, ho sentito proprio bene”. Li richiamo, mi rispondono, non era nulla di importante, è tutto risolto. Notevole dose di culo, aggiungo sul CV.

La selezione - Le modalità di selezione possono avere caratteristiche diverse. E’ possibile individuare alcuni strumenti che ogni realtà sceglie di combinare secondi l proprio stile e l’obiettivo della specifica ricerca
E’ Martedi mattina, mi reco al colloquio di gruppo. Siamo una ventina, credo quasi tutti provenienti dalla stessa università; molte facce conosciute, dunque. Dopo una breve presentazione dell’azienda comincia il test, al computer. Esso si compone in tre parti:
  1. 120 domande “psicologiche”, dove viene presentata una frase tipo: “mi piace conoscere persone nuove”, “sono ordinato”, “amo la tranquillità”, le quali vanno associate a voti di accordo/disaccordo. Tra tutte, adorabili le affermazioni: “Non scherzo mai”, “Commisero i senzatetto” e “Mi piacciono i fiori”.
  2. 80 domande di inglese. Bisogna scrivere il verbo indicato all’interno della frase al tempo corretto. Credo di essere un gaggio e invece il punteggio finale è un misero 48/80. Frase di ricordo: “Italy _____ a monarchy (to be)”.
  3. 35 domande tecniche, non particolarmente difficili.

E’ ora di pranzo, con due ragazzi anche loro a colloquio mi reco a pranzo in un bar. Per smorzare la tensione cominciamo a raccontare grandi cavolate, tra cui storie di grandi bevute e conseguenti imbarazzanti avventure. Osservo tuttavia un gruppo di uomini e donne seduti al tavolo accanto, a mezzo metro da me, che stavano parlando di “assunzioni” ma che si erano zittiti durante i nostri discorsi alcolici, fissandoci in maniera evidente: “Bella Marinos” penso: “Hai appena fatto il colloquio con le risorse umane! E che bel colloquio, @#[^$£!”.

L’inizio e la fine
E invece no, non erano loro. I colloqui sono andati piuttosto bene, nonostante conclusioni circa il mio carattere non sempre veritiere (“A chi hai dato dell’introverso scusa?”). Ora si comincia a lavorare, ma ancora non mi sento pronto per questo grande passo, sento che mi manca ancora qualcosa, di avere una lacuna educativa che potrebbe rivelarsi fatale. Sarà una sindrome di Peter Pan, ma di queste cose lascio parlare Fabio Volo. Comunque c’è poco da girarci intorno, tutti noi che stiamo per dire addio alla scuola ce ne andiamo senza aver imparato tutto quello che dovremmo e vorremmo sapere. Si insomma: non so ritagliare con le forbici seguendo le linee.



Dan Marinos


Ps: nonostante io abbia scritto "Italy is not a monarchy", la risposta esatta è "Italy was a monarchy" perchè nella parentesi c'è scritto (to be) anzichè (not to be). Sconcertante.

martedì 17 gennaio 2012

La vita finanziaria dei poeti





Ho appena finito di leggere La vita finanziaria dei poeti, di tale Jesse Walter. Giudizio: è’ un libro OK. Chiaramente i commenti pubblicati sul retro del libro inneggiano al genio, mentre sulla fascetta rossa Nick Hornby si lascia andare ad un: “è il romanzo che più mi ha divertito nell’ultimo anno”. Ecco, la presenza di Nick Hornby era l’unica ragione che mi faceva desistere alla lettura.
Trama stuzzichevole:  un giornalista economico rischia di perdere casa e famiglia per via della crisi dei mutui subprime. Anzi, un ex-giornalista economico; Matt Prior, il protagonista, ha infatti lasciato il lavoro poco prima dell’inizio della crisi per dedicarsi completamente al suo sito internet di consigli finanziari scritti sottoforma di poesie: poetfolio.com. Insomma, c’è in ballo una difficoltà finanziaria dell’eroe (come con Nick Hornby, CTRL+C), un rapporto di coppia in crisi (CTRL+V), il rapporto un po’ difficile con il padre (CTRL+V), una scrittura simpaticissima e piena di termini usati da noi giovani (CTRL+V). Tuttavia la soluzione trovata dal protagonista per risolvere i problemi economici è originale: spacciare erba. E qui il romanzo prende tutta un’altra piega e diventa, come dicevo, un libro OK.
La droga non sarà né una soluzione né una cosa necessaria per scrivere poesie, però pensate a Verga e a come avrebbe potuto chiudere con classe i Malavoglia se anziché lupini, Bastianazzo avesse trasportato cinque chili di roba dal Marocco. E Mazzarò? Quanto stile nel morire fumandosi tutto un magazzeno di pachistano nero: di certo non sarebbe andato in giro a tirare calci ai tacchini. E l’incendio nel palazzo dei Trao? Mai addormentarsi con la sigaretta accesa. Il fumo, il fumo, il fumo. Anche il buon Zeno l’aveva capito; e se Svevo gli avesse fatto fare trading di canapa anziché di solfato di rame, di sicuro non avrebbe mandato la società di commercio all’aria. Ma di Verga e Svevo già avevamo letto e detto nei romanzi cartolarizzati; ritorniamo invece agli economisti-poeti. Ora, di gente laureata in Economia e Commercio che si mette poi a scrivere di cose del tutto diverse, “più elevate” diciamo, ce n’è una marea. Oggi voglio rendere onore invece a chi invece rimane nel mondo dell’economia e tuttavia, tra un’attualizzazione e una rendicontazione, spara qualche perla assoluta che non sarà in versi ma di certo è poesia. E’ il caso di piccole frasi scritte su tomi noiosi e affermazioni improvvise durante lezioni soporifere: non faciliteranno il duro studio dello studente, ma almeno lo decorano.
Prendo come esempio (e mi ricollego tra l’altro al discorso della droga) il ben noto Katz-Rosen, manuale di Microeconomia, il quale nel terzo capitolo definisce i beni sostituti aiutandosi con il seguente esempio: “un aumento del prezzo dell’eroina determina un incremento della quantità domandata di metadone. Beni come l’eroina e il metadone, tali che un aumento del prezzo dell’uno determini un incremento della quantità domandata dell’altro, vengono definiti sostituti.”. E via poi di esercizi: “Secondo van Ours (1995) l’elasticità della domanda di oppio è 0.7, nel breve periodo e 1 nel lungo periodo. Spiegate perché l’elasticità della domanda di oppio dovrebbe essere maggiore nel lungo anziché nel breve periodo, e in base alla risposta spiegate l’influenza dell’aumento di prezzo dell’oppio sui crimini legati al consumo della droga”. D’altro canto un manuale che ad ogni capitolo cita gente come Mick Jagger, Che Guevara, il film Casablanca, Emily Dickinson e il proverbio: “Ci sono diversi modi per scuoiare un gatto”, beh, non deve essere stato scritto da contabili privi di sentimento.
A proposito di contabili che provano sentimenti: esistono? Probabilmente no, ma qualcuno sicuramente è dotato di ironia: “La Superstore Doors Srl opera nel settore della vendita di strumenti musicali. Nel corso del 200X+1 si manifestano i seguenti accadimenti: 1) si acquistano 5 bassi “MusicMan Sing-Ray five strings” pagandoli 1.200€ ognuno 2) si vendono 3 bassi di tale modello a 1.950 € ognuno 3) un commando di fanatici nemici della musica rock assalta il centro vendita causando la distruzione irrimediabile di 1 basso; tale evento non fruisce di alcuna copertura assicurativa”. Così Maurizio Pini sceglie di spiegare le rimanenze di magazzino in Basic FinancialAccounting: è evidente che in questo caso il Pini si è fatto sopraffare da una reminescenza anni settanta (se stia dalla parte del venditore di strumenti musicali o dalla parte del commando anti-rock, non ci è dato saperlo). Inutile il tentativo di ritorno alla normalità con la questione della  copertura assicurativa: lo spirito poetico si è manifestato indelebilmente.
Più le cose si fanno complicate, più si rasentano gli apici della genialità. Le matricole bocconiane infatti sbrodolano dicendo che Lorenzo Peccati è seriamente candidato a vincere il nobel per la matematica; il fatto che il professore venga nominato ogni anno per un premio che non esiste la dice lunga sulla sua figura leggendaria. La quale tuttavia non sarebbe nulla senza l’appoggio di Erio Castagnoli. I due si scatenano letteralmente sui testi di Matematica in Azienda, ironizzando allegramente tra di loro (si veda l’introduzione: “E’ stato riscritto da L.Peccati il miglior capitolo […]che era dovuto a E. Castagnoli: ora dovrebbe essere comprensibile” o il capitolo 2.3: “L’ APV fu proposto da Myers nel 1973 e riproposto, in versione generalizzata, dal più peloso dei due autori”), polemizzando con i linguisti (per esempio, alla nota di pagina 4: “I vocabolari della lingua italiana riportano tre significati di tasso: (i) pianta delle conifere, (ii) mammifero, (iii) incudine senza punte . Ciò che usualmente è detto tasso si dovrebbe invece chiamare propriamente saggio. Seppur a malincuore , ci pieghiamo all’uso corrente”) e filosofeggiando sull’assurdo (a pagina 8: “un BOT che rende il 7 (per cento) non è come il tram della linea 7. Se saliamo sul 7 e scendiamo dal 7 abbiamo viaggiato sul 7 (inteso come tram). Se saliamo sul 7 e scendiamo dal 7 (inteso come tasso) possiamo aver viaggiato sul 6).
Attenzione però: essere poeti non significa essere belli, simpatici e gentili. Come il buon Verlaine sparava a Rimbaud, sono altrettanto leggendarie (e dunque non necessariamente vere) le esecuzioni di schiere di studenti caduti sotto i colpi del Peccati e del Pini. Eliminati ad esami orali da sentenze storiche quali: “Questo problema è difficile: la soluzione la sappiamo soltanto io e Dio”. Sarà: nel frattempo chiudo con una delle poesie più belle. Probabilmente fu uno strafalcione,  ma le parole rimasero impresse nei i miei appunti. Per mia scelta l'autore rimarrà sconosciuto e sempre per mia scelta il titolo è: Incentivazione.

Tiragli il cappello
dall'altra parte della siepe
e chiedigli di riprenderlo.
E non che poi gli altri no,
e devi tornare indietro.

Dan Marinos

sabato 7 gennaio 2012

Catechismo finanziario. La genesi.


Michelangelo dipinse Dio con la maglia rosa come
simbolo della vittoria al Giro dopo la scalata del Calvario.


Non mi ricordo più con chi parlavo di questa cosa l'altro giorno, ovvero che a conti fatti l'economia fa tanto la ganza con modelli matematici puliti come una legge fisica con l'unica differenza che quest'ultima è in mano allo psicologicamente stabile universo mentre la prima riguarda pazzi scleroidi chiamati esseri umani. Che poi neanche la fisica è esente da ipotesi non realistiche: facile calcolare il movimento di un oggetto se si ipotizza di essere nel vuoto assoluto. Tuttavia questo punto debole è certamente microscopico rispetto al suo riverbero sull’economia, ed è un po’ anche per questo motivo, oltre al fatto che il denaro è lo sterco del diavolo, che gli economisti sono visti come esseri inutili o pericolosi. Scenario classico: se io e i miei amici finissimo su un isola deserta l’unico a rimanere a titillarsi i gingilli sarei io, mentre i medici cureranno, gli ingegneri costruiranno, i contadini coltiveranno e i letterati manterranno in vita la nostra cultura. Peccato che in un’isola deserta ancora non ci sono finito (Dio me ne scampi) e, comodo sulla terra ferma, posso tranquillamente dire che mentre i laureati in fisica si fondono il cervello per calcolare l’impatto tra due corpi in movimento, quelli di finanza gli permettono di avere il risarcimento danni.
Come detto purtroppo è innegabile che l’economia sia una materia decisamente più delicata di altre dal punto di vista delle assumptions di base. E si sa, il rischio di ipotesi poco solide è che generino dottrine piuttosto fragili. Come mai l’economia soffre di questo problema? E come mai nonostante tutto ha ancora un ruolo così importante? Permettetemi di rispondere aiutandomi con un ben noto racconto di fantasia.

“In principio Dio creò il mercato e l’Investitore. Costui era avverso al rischio e voleva massimizzare la propria utilità attesa. Purtroppo non c’era luce e quindi l’investitore non sapeva dove andare e come investire; allora Dio disse: “Sia luce!” e così l’Investitore poté selezionare il proprio portafogli in base al rendimento medio atteso e alla deviazione standard dei rendimenti del portafogli stesso. Il secondo giorno Dio vide che l’Investitore stava al bar a leggere la Gazzetta anziché a andare a contrattare titoli, e capì che il mercato non era ancora perfetto. Infatti l’unico partecipante era l’Investitore, che mica poteva cantarsele e suonarsele da solo. Per questo motivo egli creò un numero elevatissimo e di titoli (omogenei) e di altri investitori, impedendo tra l’altro che si formassero asimmetrie informative e costi di transazione. Fu un lavoro mastodontico, per cui se ne andò pure il terzo giorno e Dio arrivò al pomeriggio del quarto che c’aveva ancora da calibrare le menti umane affinché gli investitori avessero aspettative omogenee circa i rendimenti, le varianze e le covarianze attese di tutti i titoli disponibili. E fu sera e fu mattina: quinto giorno. Per semplificare le cose, Dio decise che tutti gli investitori dovevano decidere sulla base di un orizzonte uniperiodale uguale per tutti. Infine, il sesto giorno, la ciliegina sulla torta: siccome che alcuni non avevano abbastanza soldi, Egli introdusse un unico tasso privo di rischio al quale tutti potevano prendere a prestito o investire in maniera illimitata. E siccome Egli è magnanimo, fece tutto questo senza chiedere le tasse. Allora Dio, nel settimo giorno, portò a termine il lavoro che aveva fatto e cessò da ogni suo lavoro. Dio benedisse il settimo giorno e lo consacrò, perché in esso aveva cessato da ogni lavoro che egli creando aveva fatto: insomma, birra e televisione.

Tra tutti gli investitori, l’Investitore che si chiamava Adamo Smith si era innamorato di un’ Investitrice, tale Elvira Von Hayek che tutti per comodità Eva . Si erano conosciuti in un front office ma erano bastati pochi giorni e già si nascondevano a fare le zozzerie nel back office. Che poi, sinceramente, nessuno se ne accorgeva perché sul mercato c’erano talmente tanti partecipanti che se anche i due mancavano ogni tanto non succedeva proprio niente. Le cose andavano alla grande tra i due e sì, ogni tanto litigavano, ma non c’era shock che il mercato non fosse in grado di anticipare o, eventualmente, di assecondare correggendosi da sé.
Tuttavia tra i partecipanti ce n’era uno, tale Reinhard Serpen, che era il più astuto tra tutte le bestie fatte dal Signore Dio. Era talmente astuto che si bullava di essere stato il pioniere della teoria dei giochi, ma nessuno ci credeva perché non era stato fatto alcun film su di lui. Un giorno Serpen si avvicinò ad Eva e gli disse:
“E’ vero che Dio vi ha detto di non esercitare una call option se questa è out of the money, e viceversa se è in the money?”. Ed Eva rispose: “Si, altrimenti ha detto che moriremo”. Ma Serpen disse alla donna: “Non morirete affatto! Anzi, Dio sa che quando voi non eserciterete una in the money, si aprirebbero i vostri occhi e diventereste come Dio, conoscendo il bene e il male!”. La donna disse: “Come scusa?”. E Serpen disse: “Certo! Dio ha creato tutto ciò, il mercato, gli investitori e le regole. Eppure non ha creato sentimento. Non ha creato carità, compassione, bontà di cuore, voglia di sostenersi come fratelli e sorelle.”. Ed Eva: “Che storia! E come posso diventare compassionevole? Come posso amare gli altri come io amo me stessa?”.
A questo punto Serpen si fece piccolo piccolo, con gli occhi lucidi e la voce tremante come lo spread dei Bot italiani: “Beh vedi, tu non lo sai perché qua è tutto informatizzato, ma le call che hai in portafoglio le ho emesse io e beh, ecco, ora come ora sono in the money, percui se tu le esercitassi io ci perderei e tu ci guadagneresti. Però ho visto che le cose ti vanno piuttosto bene, mentre io sto un po’ a corto di liquidità, quindi ti chiedo per favore di graziarmi, di salvarmi, di redimermi: per favore, non esercitare anche se sei in the money!”
Eva, che sarà stata omogenea nelle aspettative dei rendimenti ma Santo Cielo era proprio una gonza, si commosse e lasciò scadere le opzioni senza esercitarle. Non solo, ma siccome anche Adamo ne aveva un po’ in portafogli, lo convinse a fare lo stesso. E piansero di gioia perché avevano aiutato un amico e avevano scoperto cosa voleva dire fare del bene e fare del male.

Il Signore Dio tuttavia si era autonominato capo della Consob; un incarico piuttosto facile, visto che il mercato essendo perfetto non aveva bisogno di controlli. Infatti l’Altissimo passava il tempo su internet a leggere blog stupidissimi sull’economia, tipo lavoce.info o chicago-blog.it o noisefromamerika.org. Ogni tanto poi leggeva Foa sul Giornale e si cagava addosso dal ridere. Beh insomma quel giorno –  DLIN DLON! – una notifica: era successo qualcosa di strano, qualcuno non aveva esercitato un’opzione anche se poteva…doveva esercitarla! In un attimo rintracciò i proprietari delle calls, e raggiunse Adamo ed Eva che ancora erano li complimentarsi di quanto erano stati bravi e di quanto fossero avari e meschini gli altri investitori. Ma quando videro Dio, ah se si spaventarono! “Cosa avete fatto, sciagurati?” disse Dio. “Abbiamo fatto del bene ad un amico, Serpen, che era a corto di liquidità!” risposero in coro. “Brutte teste di beta, come faceva ad essere corto di liquidità se ho permesso a tutti di indebitarsi illimitatamente a tasso free risk?”. E i due capirono di aver fatto una boiata, e che Serpen aveva fatto un extra profitto non previsto mentre loro due l’avevano preso in saccoccia.
Eva disse: “Serpen mi ha ingannata e io non ho esercitato!” e Dio disse a Serpen: “Poiché tu hai fatto questo, sii tu maledetto più di tutti gli investitori; sul tuo ventre camminerai implorando di avere di nuovo credito, ma visto che dici le bugie e quindi crei asimmetria informativa, ti verrà fatto a tassi più alti.”
Poi disse alla donna: “Moltiplicherò i tuoi titoli, tutti disomogenei che farai fatica boia a diversificare, e con dolore pagherai costi di transazione. E tutte le tue simili non avranno più orizzonti uniperiodali uguali, ma periodi diversi da 28 giorni, con eventuali anticipi e ritadi! E beccati pure le menopause, tiè!”
All’uomo disse: “Maledetto sia il mercato per causa tua! Con dolore vedrai gente monopolizzarlo, e se per caso il mercato reagisse correttamente verso il ribasso, la stampa ti darà dello speculatore! E la tua donna non ti darà mai retta, anzi le vostre aspettative su rischi e rendimenti non saranno mai uguali. E tutto questo finchè non tornerai ad essere terra, perché da essa sei stato tratto: polvere tu sei e in polvere tornerai, con gli interessi. E ora, tutt’e tre, pagatemi il 12% sui capital gain e sui dividendi, iamm'bell'ia!”

Almeno, a me piace pensarla così. 


Dan Marinos

martedì 3 gennaio 2012

I protagonisti del 2011 - analisi degli articoli del Corriere.it


Sono appena rientrato dall'India e non ho avuto nemmeno il tempo di dire "bèf" che è scattato l'anno nuovo. Avventuriamoci in un 2012 ricco come tutti gli altri di eventi clamorosi, eventi da dimenticare, eventi gioiosi, eventi irrilevanti, e 20 altre manovre finanziarie. Tuttavia non possiamo dimenticare il buon vecchio 2011, uno di quegli anni che parte svantaggiato perchè essendo dispari è orfano di olimpiadi e campionati mondiali o europei di calcio, e per questo motivo si deve ingegnare con originali e sorprendenti fatti di cronaca e di politica pur di non abbandonarci alla noia di un' annata tranquilla. Il 2011 si è impegnato e ha pienamente raggiunto l'obbiettivo; valeva dunque la pena fare un'analisi, una classifica degli eventi più interessanti dell'anno passato. 
Per soddisfare questa curiosità abbiamo preso l'elenco mensile dei dieci articoli più letti su Corriere.it, dividendoli per genere (cronaca, gossip, politica, esteri...) e per protagonista (Berlusconi, Monti, Minetti, Gheddafi...). Ad ogni articolo è stato assegnato un punteggio, che andava da 25 per il primo a 1 per il decimo (è lo stesso sistema usato nella Formula 1. Perchè abbiamo scelto proprio questo? Perchè dopo quattro mesi in India ho scoperto il gusto di fare le cose a cazzo). Ed ecco i risultati finali:

Classifica per genere 

1)Politica
341
2)Gossip
284
3)Esteri
182
4)Necrologio
145
5)Cronaca
115
6)Cronaca nera
83
7)Curiosità
56

 Classifica per protagonista

1)Berlusconi
95*
2)Manovra
112
3)Terremoto in Giappone
64
4)Guerra in Libia
63
5)Bin Laden
51
6)Feste ad Arcore
45
7)Mario Monti
37
8)Referendum
35
9)Elezioni comunali
34
10)Simoncelli
30
11)Ilary Blasi
29
12)Attentato in Norvegia
28
13)Italo Bocchino
26
14)Gheddafi
25
15)Ruby
18
16)Yara
18
17)Fiducia al governo
15
18)Minetti
15
19)Steve Jobs
3


Il solito grazie - Un paese che da 17 anni e più vive di berlusconismo e antiberlusconismo non poteva che ossessionarsi di Cavaliere, soprattutto in un anno ricco di gossippate. Berlusconi è presente in abbondanza nelle sezioni Politica (specialmente dopo le dimissioni), Cronaca (per i fatti giudiziari) e Gossip (per il bunga bunga) e riuscire a dividere gli articoli che lo riguardavano in queste tre categorie è stato difficilissimo per via della sua tendenza a mescolare tutto insieme in una macedonia mediatica dove lui ci mette la banana. Per esempio, come classifichereste un articolo riassumibile ne "la richiesta di dimissioni (politica) a seguito delle nuove intercettazioni (cronaca) riguardanti le sue prestazioni con un formidabile numero di puttane (gossip)"?
Attenzione però: come si può vedere dalla tabella, egli non sarebbe il protagonista vittorioso del 2011. Con 95 punti, verrebbe letteralmente scavalcato dall'argomento "manovra finanziaria". Tuttavia, visto che in quest'ultima voce rientrano diverse leggi, disegni di legge e semplici proposte (sbaglio o tra Monti e Tremonti ne ho contato ben cinque nel giro di sei o sette mesi?), mi sembrava giusto sommare a Berlusconi anche i punti dedicati alle feste di Arcore (45): vengono così totalizzati 140 punti, e la vittoria per il 2011 è assicurata. Speriamo in un 2012 di maggiore statura.

Novella 2011 - La categoria di genere più premiata è quella politica, e mi sembra piuttosto ovvio: elezioni comunali sorprendenti, referendum incredibili, fine del quarto Governo Berlusconi... insomma, mica bruscolini. Ciò che invece non sorprende è il secondo classificato, il gossip. Possibili ragioni di un così alto punteggio:
  1. I lettori del Corriere (e più in generale, gli italiani) sono dei poveri idioti. Io compreso;
  2. Il Corriere.it fornisce ampio spazio ad articoli che non si sognerebbe di stampare;
  3. Problema Gossip-Cronaca nel discorso sul Bunga Bunga.
A Luglio l'attentato in Norvegia: vincitore facile del mese? No, perchè sul podio arriva addirittura non un articolo ma un semplice confronto fotografico tra uno scatto sexy di Ilary Blasi a 18 anni ed uno più attuale della medesima (solo ottavo l'articolo-intervista in cui la donna si dice pentita); con questa duplice presenza la signora Totti sorpassa nella classifica generale i necrologi di Gheddafi e Steve Jobs, nonché la fiducia al governo posta in Ottobre. Giusto per peggiorare la situazione vi consiglio, ogni tanto, di verificare la frequenza di notizie gossip nelle classifiche settimanali: spaventosamente alta (salvo triplice morte consecutiva di un pilota, un dittatore e un tecnico dei computer).

Primavera, estate, autunno, inverno...e altre mezze stagioni -  Gennaio 2011 si era aperto con le tette della Minetti: riguardo questo tema, vorrei solo far notare l'ossessione del Corriere.it nel proporre un portfolio praticamente infinito di immagini dell'igienista dentale e delle altre olgettine. Poi uno sciatto Febbraio di cronaca nera e ulteriore gossip ha rubato lo spazio alla primavera araba; è per forza, che primavera è a Febbraio? E infatti basta aspettare l'equinozio di Marzo per avere informazioni riguardanti le rivoluzioni in Nord Africa; certo, agli italiani interessano soltanto quelle riguardanti la Libia e il suo dittatore dall'anello sporco di cerone, per cui di Tunisia ed Egitto non si trova traccia alcuna. Giusto per monopolizzare il mese pazzerello arriva il Giappone e comincia a far strizzare le chiappe sul nòcciolo della questione. Ma ancora non è tempo per tirare in ballo il referendum; apriamo invece l'ombrello per proteggerci dal diluvio di "notizie merda": Sposini ha un malore, Baudo ha litigato con Vespa, il culo di Pippa Middleton è bello, scandalo nel mondo del porno, muore il marito di Loretta Goggi, l'FBI indaga sugli UFO e una 12enne è stata messa incinta dal padre. Insomma, ad Aprile non volevamo prenderci veramente sul serio. E abbiamo fatto bene a riposare, perchè non ci sarebbe più stata tregua. 
Maggio: muore Bin Laden e le elezioni comunali vengono perse dalla destra, sconfitta al nord da un candidato il cui slogan era: "Giuliano liberami l'ano" (grazie Diego Bianchi e il minuto 6:30 di Zoro 2011). Giugno: il referendum per acqua, nucleare e legittimo impedimento dominano la scena, nonostante un rigurgito gossipparo con la scazzottata tra Vieri e Corona al secondo posto. Luglio: come detto, tette della Blasi e strage in Norvegia. Agosto: la manovra rivista e rifatta mille volte, tra anni di laurea non riscattabili per la pensione, contributi di solidarietà, dimezzamento dei parlamentari e cancellazione delle provincie. Ah già, e la relazione di Bocchino con la Began, in cima alla classifica. 
Poi di nuovo una mezza stagione tra l'estate e l'autunno, quando il gossip sembra destinato a vincere su tutto con un Settembre patinato: Demi Moore, Miss Italia, Manuela Arcuri, Caius il tizio satanico che fa paura all'America, il tunnel Gelmini e il cancro di Ana Laura Ribas. Roba da far venire la carie ai denti. 
E come Aprile, anche Settembre in realtà si rivela essere una semplice calma prima della tempesta: Ottobre piazza tre morti celebri e accelera la fine del quarto governo Berlusconi. Pam! Eravamo ancora lì a cercare di capire dove fosse il paginone centrale del Corriere e invece trovavamo solo necrologi. Non facciamo in tempo a schiacciare F5 per ricaricare la pagina e sbadabam! Arriva Novembre, quando la top ten è occupata per nove decimi dalla politica, tra la fine del Berlusca e l'inizio di Monti. Tecnici, tecnici, tecnici: improvvisamente tutti a leggere Alesina e Giavazzi, così frequentemente presenti sul giornale che Severgnini quasi teme che i due possano rubargli le rubriche "Risposte ai lettori" e "Faccio tanti viaggi per il mondo che tanto paga il Corriere". E infine Dicembre: ancora manovra, con le lacrime della Fornero che cadendo sui fogli hanno cancellato la questione delle province, mentre il calcolatore per la pensione sul sito del giornale ha fatto sì che il mio vecchio scaraventasse il monitor fuori dalla finestra. La tecnologia si evolve: esattamente dieci anni fa a volare fu l'euroconvertitore speditoci da Berlusconi.

Speranze e previsioni - che dire, di fronte alla chiara vittoria del Gossip (nonostante il secondo posto in classifica) non ci resta che cominciare a balbettare: "Si... ma i dati sono biasati." nel tentativo di evitare di cadere in depressione come succede a tutti i ricercatori i cui modelli di regressione hanno variabili non significative e un Rquadro che fa solidificare l'acqua. Per esempio possiamo legittimamente dire che l'assenza delle manifestazioni autunnali a Roma e della rivoluzione in Egitto è dovuta alla dispersione della notizia in decine di articoli e reportage, mentre l'immagine della Blasi è una sola, categorica e imperativa per tutti. E se questo è il modo di fare giornalismo online (e non vedo perchè debba cambiare), risulterà sempre questo apparente e smodato desiderio di gossip da parte dei lettori.

A questo punto dunque la domanda per il futuro è semplice: chi sarà il protagonista 2012? Monti ha un bel vantaggio perchè è premier, ma il detentore del titolo ha dalla sua parte la fortuna di avere ancora dei processi pendenti. Per guadagnare punti, ieri l'Iran ha sparato un razzo a media gittata: "Ci era avanzato da capodanno" non è parsa una scusa credibile. E in tutto questo, dove diavolo sarà l'economia? Nella decima o quindicesima manovra finanziaria o nello spread che è stato votato parola dell'anno? Nelle parole di un occupante di Wall Street che chiede più equità o in un Governo che risponde con più Equitalia? E per l'amor di Dio, sapremo finalmente cosa vuol dire "equità"? 

Nel frattempo, le tette della Minetti.

Dan Marinos