mercoledì 31 agosto 2011

Risposta alle Tute Blu + Nuovo Economostro in redazione




In redazione è giunta una lettera in risposta all'ultimo articolo, quello sullo "sciopero" dei calciatori, da parte di un nostro lettore. Egli ha discusso l'argomento in maniera così approfondita ed ironica che merita 1) di vedersi la lettera pubblicata e 2) di essere ammesso ufficialmente in redazione, diventando così la nuova firma sul blog. Speriamo che a lui si aggiungano altri: siamo sempre aperti ai mostri.

Caro Economostro 
ti scrivo, c'è poco da essere contenti hai ragione. Prima di scendere nei tecnicismi del caso è triste dover constatare come non ci sia comunicabilità tra gli organi di competenze, tra le Società e tra i calciatori. L'amara realtà secondo me è che alberga una notevole recidività tra le parti (che già altre volte si erano trovate in questa situazione). Citi, giustamente, il Cagliari e io che purtroppo sto preparando un esame di econometria e di metodi quantitativi penso agli outlier e alla loro epurazione. Il Cagliari di Riva non è che un outlier e come tale va estirpato dal campionato (= modello di regressione) perchè altrimenti ne condizionerebbe i risultati. Borussia Dortmund, Ajax, Atalanta, River Plate, Boca Jrs., Sao Paulo, Santos...quanti outlier...se per gioco provassimo a ricondurre i giocatori esplosi in queste squadre il Real, lo United, la Juve, ecc...bè avrebbero vinto ben poco. Allora perchè non valorizzarli? Perchè non ristrutturare questo stanco sistema che genera imperfezioni del calibro di rose con 40 giocatori? Al Cesena hanno portato via Giaccherini, la Juve non risolverà i suoi mille problemi con lui, mentre il Cesena si ritroverà inguaiato senza la "Pulce di Talla". 
Nella Repubblica, Platone sosteneva che le cose funzionano solo e soltanto quando ciascuno è al proprio posto. Amauri, Floccari, Borriello, Gilardino, ecc...giocatori che tolti dal proprio contesto non hanno mai reso (distruggendo ricchezza) e andando ad ingrassare rose che di fatto hanno generato un surplus di giocatori "fuori rosa". Contratti collettivi insostenibili? In economia uno dei più grossi snodi si gioca intorno alla distribuzione della ricchezza. Ci era arrivato Ricardo, con tutti i suoi limiti ma ci era arrivato. Nel calcio vale lo stesso sistema. Equal playing field. Chi gioca in casa veramente? Prendersela con i giocatori pluri pagati è una duplice assurdità: 1) molto spesso chi li critica è lo stesso abbonato a sky, mediaset, ecc...che contribuisce a fare allineare le curve di domanda-offerta in un punto più elevato del piano cartesiano; 2) perchè non hanno fatto anche loro i calciatori?
Ridistribuire è cosa buona e giusta, farsi condizionare dall'ipocrisia e dall'invidia no. Se davvero sta gente è così furibonda, che smetta di guardare il calcio, la tv ecc...Non sto coi calciatori, non sto nemmeno con le società, ma mi rattrista pensare come episodi come questo, anzichè fornire spunti utili per migliorare, alimentino solo sterili polemiche. Ti amo campionato diceva Elio, eppure il vero danno che queste persone provocano è molto più sottile (ma non per questo meno grave) di quanto non pensino: impedire a dei ragazzi di trovarsi, magari mangiando una pizza e dicendo minchiate guardando una palla che rotola, un colpo a effetto, una spizzicata di testa. Si vince e si perde solo se si gioca.
Bell'articolo, come sempre!

Aristocle

venerdì 26 agosto 2011

Le nuove Tute Blu vestono Puma



Non sono contento. Prima di espatriare volevo godermi la prima di campionato, un bel Milan-Cagliari con gli amici. E invece no; i calciatori scioperano e le partite sono rimandate. 
Che cazzo. 
1969-1970: il Cagliari vinceva il suo unico scudetto mentre i lavoratori delle grandi aziende statali, a causa degli scioperi per il contratto nazionale dei metalmeccanici, persero in totale 208 ore di lavoro a testa (praticamente nessuna settimana lavorativa si salvò da qualche interruzione). Come detto le vittime maggiori di questi scioperi furono le imprese che rientravani nell' IRI tanto che il sindacato della stessa, l'Intersind, collassò l'anno successivo mentre la sua guida unica Glisenti accusava i sindacati di non voler in alcun modo essere responsabilizzati, ovvero di voler più potere rifiutando contemporaneamente l'incarico di co-gestore delle aziende. Insomma, le tute blu erano davvero incazzate, e se non ci si può facilmente esprimere circa la loro forza costruttiva-propositiva di sicuro ebbero notevoli capacità distruttive: Glisenti, quattro mesi dopo aver rilasciato quelle affermazioni, presentò le dimissioni dall'Intersind. 
Certo i lavoratori ottenero importanti vittorie: tra il 1970 e il 1975 Agnelli aprì a notevoli aumenti delle retribuzioni lorde, incrementate di oltre una volta e mezzo (tre volte più della crescita della produttività industriale italiana); nel 1975 infine la scala mobile firmata dalla Confindustria e dai tre sindacati. Sarà che l'Avvocato era contento dei due scudetti conquistati dalla Juventus, sarà forse che gli scioperi lo stavano mettendo sotto pesantemente, fatto sta che l'uomo-dall'-orologio-sopra-il-polsino firmò quella che fu, come il Professor Berta spiega egregiamente, "una politica dei redditi dalla logica rovesciata", con un conseguente disastro legato all'alta inflazione e allo shock del petrolio. 

Venerdì 26 Agosto 2011: poco più di 24 ore al fischio di inizio di Milan-Cagliari e meno di una settimana alla mia partenza e ancora non si è trovato l'accordo Lega Calcio - Assocalciatori. E' ufficiale, la partita è rimandata. Pare proprio che i calciatori abbiano imparato dagli anni 70: scioperi su scioperi fino ad ottenere ciò che vogliono dalle società (nb: non "dalla Società", perchè questa mobilitazione non riguarda un servizio pubblico come i trasporti e gli uffici comunali, per cui si spera poco dovrebbe importare alla gente se la prima giornata di Serie A viene rimandata). E questa non è nemmeno la prima volta: anche l'anno scorso i calciatori minacciarono di non scendere in campo, anche se per motivazioni diverse. Quali sono dunque i punti della protesta di questi giorni? Due: il primo riguarda la possibilità delle società di fare allenamenti separati isolando così gli atleti acquistati "per sbaglio" dal resto della rosa, con conseguente svalutazione economica e svilimento fisico del giocatore in esubero. Il secondo riguarda il fatto che spesso i contratti dei super campioni dichiarano il salario netto che essi percepiranno dalla società, per cui il nuovo contributo di solidarietà dovrebbe essere pagato dalla squadra (aumentando il salario lordo e dunque senza incidere sul reddito del calciatore). Sul primo dei due punti ovviamente non c'è stato alcun dibattito pubblico (anche perchè il rifiuto dell'Assocalciatori sembra esssere più che legittimo, per cui ben venga lo sciopero), mentre sul secondo si è riversato tutto lo sdegno pubblico.

Calderoli si incazza e cavalca facilmente il risentimento delle persone tifose e non dicendo che la legge è legge e i calciatori, come tutti i cittadini, dovranno pagare le tasse. Un ragionamento eticamente sensato, come è condivisibile il fatto che i giocatori guadagnino troppo. Già meno logico è dire che i calciatori non lavorino. Del tutto falso è dire che il mondo del calcio non voglia pagare: il contributo di  solidarietà verrà comunque versato sulla base dei redditi dei tesserati alla Serie A, solo che a versarlo sono le società sportive al posto loro. Per capirci, anche i lavoratori pagano le tasse senza aprire il portafogli, e ciò avviene per esempio durante la transazione da "tasso di rendimento lordo" a "tasso di rendimento netto". Se vi fosse garantito, come succede, un tal rendimento netto, vi trovereste nella stessa identica situazione del caso in esame. 
 Piuttosto bisogna domandarsi quanto sia "lecito" firmare contratti  per salari netti fissi, lasciando la società del tutto bersaglio di variazioni dell'importo lordo. Finchè succede alle società sportive, capirai; ma se anche i megadirettori eludessero il contributo firmando tali contratti (per altro, potrebbe già essere così)? Indicizzare lo stipendio ai decreti e alle manovre fiscali, intervenendo sul lordo per mantenere fisso il netto. Qualcosa un po' come la scala mobile: magari con gli stessi brillanti risultati, sicuramente non a favore dei lavoratori.


Dan Marinos

 
PS: nel frattempo guardo la televisione e vedo Susannona-ona-ona Camusso fare un monologo su un palco. Ha un cappellino rosso indossato al contrario, con la visiera sulla nuca. La guardo e mi rattristo: davvero, sembra quello dei bambini al grest! Sarà che sono concentrato sul copricapo, ma proprio non mi accorgo che la Camusso ha appena dichiarato uno sciopero per il 6 di Settembre, ricevendo per altro accuse da tutti, governo-opposizione-sindacati.Uno sciopero che ha tutte le sue motivazioni, certamente, ma che difficilmente destabilizzante in una fase dove nulla è rimasto da destabilizzare. Abbiamo detto che la catena di scioperi può essere determinante quando viene fatta costantemente, ripetutamente: quello del 6 Settembre è una goccia.
Le nuove tute blu vestono Puma


domenica 21 agosto 2011

Tra poco parto per l'India e non voglio scrivere un titolo preso da una canzone o da un libro o da un film.



Dicono che a seguito della manovra un sacco di capitale stia (ri)affluendo in Svizzera, tanto che le banche elvetiche abbiano avvisato i gentili clienti di aver esaurito le cassette di sicurezza. Anche l'Economostro emigrerà tra una decina di giorni, anche se non in un paradiso fiscale: Ahmedabad, India. Non ci sono motivazioni di tax planning dietro questo trasferimento, nè si può parlare dell'ennesimo esempio di cervello in fuga dall'Italia; semplicemente me ne andrò in scambio per quattro mesi presso l'Indian Institute of Management, ad Ahmedabad appunto (città mai sentita, lo so, ma di questo ne parliamo più avanti).
Che fare? Chiudere il blog fino a dicembre sarebbe un peccato; darlo in gestione a qualcuno nemmeno per idea, e tuttavia (come altre volte dichiarato e sebbene non ci sia stata ancora occasione per dimostrarlo) questa pagina è del tutto aperta ad articoli di altri economostri per cui potrebbe accadere che in futuro, oltre alle solite edizioni settimanali, si passi a qualche special "esterno". L'idea quindi è quella di approfittare di questa esperienza e continuare a scrivere, intervallando resoconti della vita universitaria indiana con qualcuna delle solite (piccantissime) analisi riguardo i diversi temi di economia. Sarà difficile senza la mia minuscola biblioteca di testi e manuali scarabocchiati da cui attingere quelle pirlate che credo e spero vi abbiano divertito in questo quasi anno di attività, ma ho un computer pieno di pdf ancora vergini e pronti per essere maltrattati.
Lo so, ci sono più blog aperti da tizi che partono per l'Asia che titoli scambiati sul Dow Jones: l'idea è spaventosamente banale, ma non vedo alternative e credo invece che ci potranno essere opportunità interessevoli.  Lo scopo è di creare ancora più danni alla patina di serietà del mondo economico di quanti non sia riuscito a fare fino ad oggi: chissà se poi Tremonti proporrà l'ennesimo scudo fiscale per farmi rientrare velocemente in Italia. Commentare la situazione italiana come mi è capitato ultimamente ma da un'altro continente mi fa sentire mezzo Boldrin e mezzo Zucconi, e la cosa non so se mi gasi o mi deprima (tra l'altro ho notato che i post più letti sono quelli collegati a fatti attuali: non avrete  davvero bisogno di un altro opinionista rompicoglioni? No perchè se è così allora o io o Aldo Grasso).
Che poi sinceramente non credo proprio che nei quattro mesi di mia assenza possa succedere qualcosa di veramente clamoroso in Italia: certo vi devo rivelare fin da subito il mio terrore riguardo a questo viaggio, ovvero la possibilità (secondo me altissima) che qualche particolare politico non dico muoia, ma abbia un collasso fisico con l'arrivo dell'inverno tale da fargli rinunciare ai suoi incarichi, e l'unico mio mezzo di gaudio sia la pagina speciale di Corriere.it senza che nessun indiano intorno capisca il perchè delle mie lacrime. Sarebbe veramente uno spreco.

Cialtrone come sempre,
Dan Marinos 


domenica 14 agosto 2011

Dedicato a Voi lettori



Qualche sera fa ad una cena di famiglia mio zio mi ha chiesto un parere sulla specifica crisi di questi giorni: "Finalmente", ho pensato: "dopo 4 anni di economia e finanza posso dibattere a pari livello con i capostipiti dei Marinos". Quale errore, cari lettori, quale errore! Dopo poco che avevo cominciato la mia trattazione degna del miglior tutor di macroeconomia sono stato interrotto da un fiume di domande: "E le agenzie di rating che fanno il bello e il cattivo tempo? Perchè non sono state incriminate quando dicevano che Lehman Brothers era sicura? Perchè le banche ci vendono i titoli anche se sanno che fanno schifo? E poi perchè lo Stato le salva, con i nostri soldi? E i correntisti?". E-OOOOOO!!!! Fermi un secondo, lasciatemi parlare!
Mettiamo in pausa il video. Questa che avete visto è la sindrome del neolaureato. Si manifesta in famiglia, di fronte ai rispettati uomini-sentenza che ci hanno cresciuto e che giustamente dicono sempre la loro, qualsiasi sia l'argomento in discussione. Causa di questa sindrome è il fatto che il giovine si sia abituato a pratiche malsane, ovvero sia diventato aduso a parlare di temi economici con i propri compagni di classe, al massimo con i propri professori, senza mai un confronto con il mondo esterno e nient'affatto asettico. Per di più egli, il giovine, compie l'errore di tornare a casa, di loggarsi su facebook e di postare un bell'articolo del WSJ o un pessimo articolo di Repubblica (non prima di aver detto la sua con velenosa ironia nei confronti del editorialista di turno), aspettando che altri suoi colleghi di banco piombino come avvoltoi e tiranneggino sul link. A casa le vittime sentono tranquille: i 23-24 anni sulla carta d'identità permettono loro una certa nonchalance nel spiegare a mamma e papà le loro ragioni, eppure non è detto che questi poi seguano i consigli dei loro pargoli, e questo è un primo sintomo della malattia, che come detto si manifesta in situazioni di netta inferiorità numerica familiare.
Avere ragione e non poterla ottenere: questo è il contrappasso a cui Voi lettori rischiate di andare incontro ogni volta che vi sedete a tavola. Ma cosa succede se davvero tutti gli economisti soffrono di questa sindrome? Semplice: si lascia la parola a chi non sa le cose ma sa farsi capire. Il giornalista.
Ieri sera l'ennesima manovra economica è stata presentata in diretta su La7 e Rai3. A commentare le parole di Tremonti c'erano Mentana, Telese, la Costamagna, Mario Giordano, Mussi del PD, Corsaro del PDL e altri politici via telefono. Non un fottuto economista. Oggi su Repubblica  l'articolo di fondo è scritto da Massimo Giannini. Su Corriere.it risuona l'eco di Sergio Rizzo (colui che disse, e le mie orecchie si sciolsero, qualcosa come: "La vendita allo scoperto è un fenomeno speculativo presente solo in Italia"). E nonostante tutto i lettori si appassionano e li citano nelle conversazioni al bar, per strada, sui tram.
Agli economisti rimangono i piccoli blog, Radio 24, qualche trasmissione su Radio 3 e circa due o tre articoli a settimana sulle maggiori testate. Ripetiamo che la sindrome non è crisi di fiducia della gente verso gli accademici, ma è una seria difficoltà a comprendere ciò che dicono. E così succede che il pubblico oltrepassi il punto abàrico dei due palcoscenici, economia e giornalismo, a favore di quest'ultimo. Così come tra le mura di casa i dialoghi bloccati soffrono di abasia, sui media popolari si assiste all'abbacchiaménto della saggezza sostituita con la retorica. Purtroppo però sembra che i luminari del mercato non si rendano conto del loro diventare sempre più anodini: "Siamo chiusi nel nostro solipsismo autoreferenziale. E perdonateci la tautologia." sembra la scusa di chi non si è accorto di essere entrato in un loop diabolico ed ab aeterno secondo cui per chi lo ascolta egli soffre di alalìa, mentre lui ritiene che sia la platea a soffrire di  ageusia per le sue parole. D'altro canto si può giustificare un poco l'economista, il quale non può tenere una lezione avanzata, se il pubblico non conosce la base della materia. In altre parole non è possibile che i detentori di un diploma di maturità escano dai licei senza sapere cosa sia un titolo azionario o che una s.p.a non necessariamente è quotata e/o è controllata da soggetti privati (della serie: chiedetelo ai promotori del referendum sull'acqua). L'assenza del Diritto e dell'Economia tra gli insegnamenti delle scuole superiori credo sia un abominio incredibile dato che trattano di argomenti quotidiani e vitali (dal sapere come funziona il sistema pensionistico alla struttura dello Stato).
Insomma, questa abalietà tra il narcisismo degli oratori laureati e l'adustezza del senso civico degli spettatori ha lasciato le porte aperte all'egemonia di chi non ha la minima idea di quello che sta dicendo ma apre la bocca lo stesso. Finito di leggere, spegnete il computer e mettetevi alla prova: convocate una cena di famiglia e all'improvviso, in attesa della seconda portata, lanciate la bomba: "Secondo me quelli che i giornali chiamano speculatori hanno invece fatto del bene, costringendo lo Stato a tirare fuori una volta per tutte il discorso sul debito e la spesa.". Se fallirete nel placare la tempesta che avrete scatenato sarà un brutto segno perchè di questo passo vedremo Alberoni commentare la politica economica italiana. E a quel punto sarà la fine del mondo come noi lo conosciamo.

Dan Marinos

Ps: per qualsiasi dubbio, riferirsi a Il dizionario della lingua italiana, Devoto-Oli, lettera A.

domenica 7 agosto 2011

Intermezzo musicale



L'altro giorno un amico mi ha mostrato l'elenco dei 100 album rock fondamentali degli anni zero (2001-2010) contenuto nella rivista Il Mucchio: "Pff! Sarà la solita vaccata alla Rolling Stones" penso io, memore di quel numero di Febbraio 2009 in cui Frank Sinatra era stato escluso dalla classifica dei cantanti di tutti i tempi (classifica per altro commissionata ad Ernst&Young in un evidente momento di sindrome della stessa di overdose da revisione fiscale). Invece Il Mucchio (che costa un eye of the head ma che se li merita tutti data la totale assenza di pubblicità in 300 pagine di ottima fattura), mi ha regalato la sorpresa e l'angoscia di essere riuscito a riconoscere solo 29 artisti su 100 (meno di uno su tre), molti dei quali per altro posso dire di conoscere vagamente come conosco i risultati trimestrali dei piani quinquennali sovietici.
Joanna Newsom. I Neurosis. Fiery Furnaces e Micha P. Hinson. Burial, Current 93 ed Harry Markowitz & the Diversified. Gli Animal Collective. Solo uno di questi non esiste (anche se sarebbe bello se esistesse). Ecco la bellezza della musica anglosassone: la presenza di numerosi gruppi validi sia del presente che del passato. Ci sono tra l'altro somiglianze con i paper accademici: come Modigliani e Miller han detto praticamente tutto sulla finanza d'azienda e la maggior parte degli studi successivi sono solo rielaborazioni e verifiche della loro tesi, così molti dei gruppi contemporanei ribadiscono una musica già spiegata dai Beatles e dai Pink Floyd.
Altri legami musica-economia? Mah...per esempio la composizione di piccole-medie-grandi band. In Italia negli anni '70 non esisteva la media impresa: c'erano molti piccoli imprenditori e diversi grandi gruppi industriali. Oggi musicalmente non siamo particolarmente distanti da questo schema, perchè quelli che apparentemente sono artisti "medi" in realtà diventano minuscoli di fronte ai numeri dei monopolisti del mercato musicale italiano: Vasco, Ligabue e la Pausini, che di fatto sono gli unici in grado di riempire gli stadi. Tutti gli altri non ne hanno la capacità (o meglio, la possibilità), a meno di mettersi assieme per un evento particolare tipo festival. Lo Sherman's Act è del 1890 ed è il baluardo contro i monopoli: vi prego, importiamolo anche per la musica italiana. Prendiamo i vascolizzati e le menopausine e scuotiamoli fino allo sfinimento, facendogli ascoltare buona musica, quella che difficilmente passa in Radio (salvo alcune piccole emittenti e la sempre stupefacente Radio 2) e quella che non passerà mai in televisione, ma che trova una buonissima rappresentazione su soluzionisemplici.net. E guai a chi dice: "Si, ma i primi album del Liga e di Vasco sono fantastici".
Ora, le cause per cui gli Uk-Usa hanno una trazione molto più efficiente nel portare piccoli gruppi ad un successo inter/nazionale totale mentre in Italia gli Afterhours sono pressochè sconosciuti (e nemmeno io posso considerarmi del resto un' enciclopedia riguardo a questa band nata nel 1986 da un'idea di Manuel Agnelli, con 10 album pubblicati di cui 8 studio, 1 live e 1 raccolta)...dicevamo, le cause possono essere molte, ma ne vanno sottolineate due su cui indagare. La prima più che una causa è il sospetto che gli italiani non capiscano un cazzo di musica mentre gli inglesi sì. Direi che tale ipotesi sia più che infondata: difatti non si spiegherebbero i successi alla Bieber e alla X-Factor, che in Inghilterra pesano molto di più che da noi (grazie a Dio almeno in questo senso il monopolio dei 3 punisce sia i bravi che gli scarsi concorrenti).
La seconda causa è semplicemente la differenza di mole di denaro che circola nell'industry musicale italiana e inglese/americana. Giusto per rimanere in campo economico e regalare una super chicca, suggerisco di andare a dare un'occhiata al sito della Pullman Group, una investment bank che creò diverse obbligazioni basate sul business delle royalties di diversi musicisti, in particolare: David Bowie, James Brown, Marvin Gaye e una raccolta di grandi voci della Motown. Mica bruscolini, le transazioni del 2004 titillavano più di 1 billion dollarz. Il processo di cartolarizzazione degli artisti procedeva in questo modo: venivano selezionati diversi album (per esempio la discografia del Duca Bianco) e i soldi che questi producevano per via dei diritti d'autore diventavano una sorta di cedole per un prestito obbligazionario emesso sul mercato e ricevuti dal cantante stesso (i Bowie Bonds stuzzicarono 55 milioni di dollari).
Non ho idea di come sia stata poi l'esperienza effettiva di questi titoli (i BB hanno raggiunto la loro scadenza, con un rating prossimo alla spazzatura per via della crisi del settore) ma visto che il sito è fermo e orrendamende impostato su un html giurassico qualche sospetto ce l'ho. Rimane comunque la prova che gli americani e gli inglesi di soldi per la musica ne hanno e, se li spendono facilmente per godere dei diritti di Rebel, Rebel è chiaro che non hanno difficoltà a promuovere tutti i meritevoli di turno. Quale soluzione per l'Italia? Come detto bisognerebbe introdurre un po' di antitrust, e poi bisogna attrarre capitali (ma non mi dire...). Certo è rischioso investire tutto su singoli gruppi (la pensione non me la gioco per un investimento sbagliato sugli Offlaga Disco Pax), e per questo ho bisogno di un pescecane da fondo di investimento che raggruppi una compilation italiana e risolva il problema dell' (I can't get no) diversification, come cantavano gli Willy Sharpe & the Beta Unlevered Band.

Dan Marinos