Venerdì scorso in allegato al Sole24Ore c'era il mensile IL-Intelligence in Lifestyle, contenente la fantastica rubrica di Fabrizio Galimberti. Questa pagina si chiama Il vangelo secondo Fabrizio e al suo interno vengono trattati argomenti d'attualità mediante un taglio biblico; è uno stile praticamente identico a quello utilizzato dall'Economostro in molti precedenti articoli (si veda nella sezione "economostro e religione"), solo che quelli di IL sono molto più seri e casti, mentre i nostri verranno usati per alimentare il nostro stesso rogo.
Questo mese Galimberti toccava un tema molto interessante, ovvero l'indipendenza e i conflitti di interesse nelle agenzie di rating che giudicano la solvibilità dei debiti sovrani. Dopo aver citato Luca,11-46: "Guai anche a voi, dottori della legge, che caricate gli uomini di pesi insopportabili e quei pesi voi non li toccate nemmeno con un dito", l'articolo proseguiva spiegando come le sorti delle aspettative dei mercati verso gli Stati come la Grecia siano in mano a queste società private, tipo Standard & Poor's o Moody's (quest'ultima per altro indagata dall'onnipresente Procura di Trani per "turbativa del mercato" dopo diverse valutazioni in negativo pubblicate un anno fa). Queste non ricevono nessun pagamento per emettere le loro opinioni nei confronti dei debiti sovrani, ma "lo fanno egualmente perchè questa attività le accredita presso gli emittenti privati, che sono la fonte prima dei loro guadagni" (visto che le società private che emettono obbligazioni sono costrette, in maniera onerosa, a chiedere un giudizio sui loro titoli di debito).
Il Vangelo secondo Fabrizio si conclude con questa soluzione: dato che non si può far pagare i rating dei Titoli di Stato a chi ne beneficia (gli investitori), bisogna pubblicizzare tale attività. In altre parole, visto che la tutela del risparmio è una funzione pubblica (che come ricorda Galimberti in Italia ha rilevanza addirittura costituzionale), allora il rating, essendo un mezzo di tutela, deve essere svolto da un'agenzia pubblica, magari finanziata con una piccola tassa sulle transazioni. Conclusione malinconica: "ma è difficile inoltrarsi lungo questa strada quando la tendenza di fondo è di privatizzare tutto il privatizzabile".
Ora, a me pare che si stia un po' confondendo l'alternanza pubblico/privato con la qualità di indipendenza, e ulteriori prove a supporto di questa confusione manifesta sono altri tre eventi, poco o per nulla legati alle questioni del debito italiano:
1) il battibecco tra Santoro e Castelli, il primo dei quali urlava: "fuori i politici dalla RAI, fate solo del male!" e l'altro: "si, sono d'accordo: privatizziamola!".
2) il referendum sull'acqua, dove i SI erano giustificati da macroscopiche falsità mentre la vera questione critica, ma mai evidenziata, era l'assenza di un organismo di vigilanza sufficientemente potente ed estraneo a poteri privati o pubblici.
3) l'elezione di Draghi a nuovo governatore della BCE, al duro costo delle dimissioni di Bini Smaghi per il volere dei poteri francesi con la suola rialzata.
La facile e sorda generalizzazione ci fa così cadere in un diabolico loop: nè i privati nè il pubblico possono essere indipendenti, perchè i primi sono egoisti nell'operare innanziuttto per il proprio interesse mentre il secondo si identifica nella classe politica incapace e corrotta. Un cane che si morde la coda, insomma, con tanto fumo e poco arrosto. E i cocci sono i nostri.
Per spezzare questo ciclo di luoghi comuni un qualsiasi blog di informazione in stile Lavoce.info ricorderebbe che sono esistiti ed esistono grandi persone spesso rientranti nella categoria di "tecnici" che hanno firmato grandi riforme senza appartenere a nessuna popolare forza politica e senza essere portatori di particolari interessi privati, dimostrando così la possibilità che esistano individui veramente indipendenti.
Amato? Ciampi? Oppure credete si riferiscano agli stessi Draghi e Bini Smaghi? No, cari lettori: i veri indipendenti sono i supereroi!
Bei tempi quelli della Justice League, organizzazione nata per volere dei supereroi dei fumetti: ora non c'è più, ma sai quanti conflitti d'interesse avremmo risolto? Ad esempio, ad Aquaman si poteva dare la gestione delle Ato: se c'era troppo arsenico o troppi buchi nella rete idrica avrebbe punito il gestore con un attacco di lavarelli impazziti. Al Professor Xavier, grazie alle sue capacità telecinetiche, si poteva dare il comando dell'Agcom e pure la responsabilità di intercettare le telefonate (e i pensieri) dei criminali. A Wonder Woman infine la tutela della parità delle donne. Certo, bisogna fare attenzione alla doppia identità dei personaggi per non generare ulteriori conflitti d'interesse: per esempio, sebbene Batman ricopra formalmente un ruolo abbastanza super partes, nella vita reale egli è proprietario di numerose multinazionali attive in diversi business, per cui eviterei di dargli incarichi tipo Antitrust.
La realtà italiana (come illustra Guido Rossi in un articolo criptico e kriptoniano sul Sole24Ore di oggi) è decisamente priva di indipendenti e, aggiungiamo noi, di supereroi. Vent'anni fa c'erano eccome, ad esempio nella magistratura, e combattevano i villains; oggi invece l'ex supercattivo numero uno è stato liberato dai sigilli hammametiani della prigione intergalattica e viene osannato dai suoi fedelissimi. L'unico rimasto a possedere in Italia una funzione ed un nome da supereroe è tale Mister Prezzi, di cui si fatica a ricordare l'identità non tanto per eccesso di segretezza e indipendenza ma piuttosto per eccesso di insignificanza.
E se i giornali, le televisioni, e pure i libri di scuola sono di parte non mi rimane che informarmi su wikipedia. O sull'Economostro, che è più meglio.
E se i giornali, le televisioni, e pure i libri di scuola sono di parte non mi rimane che informarmi su wikipedia. O sull'Economostro, che è più meglio.
Dan Marinos.