sabato 7 aprile 2012

A sua immagine e insaputa


In padania impazza il gioco Trivial Insaput. Si ottiene la laurea solo rispondendo: "Non lo sapevo"

Ovviamente Umberto Bossi non è stato il primo a dire di aver sbagliato o di aver ricevuto benefici illegittimi a sua insaputa. Molti associano queste tre parole – “a sua insaputa” –  a Scajola, in riferimento a quell’appartamento vicino al Colosseo pagato con un mutuo sconosciuto all’ex ministro. A ben vedere tuttavia la moda risale a qualche mese prima, con la nota dichiarazione di non aver saputo la vera identità di una giovane marocchina in stato di fermo presso una Stazione di Polizia, e anzi di aver creduto innocentemente al suo rapporto di parentela con il dittatore dell’Egitto. In quel caso poi il termine “a sua insaputa” venne votato e approvato, seppur per mere ragioni politiche, in Parlamento. 

Qualche settimana fa Filippo Facci (guarda te chi mi tocca citare) ha scritto una cosa interessante su ilPost.it; faceva notare che mentre vent’anni fa i politici si difesero dalle accuse di magistrati, giornalisti ed opinione pubblica affermando che tutti agivano sapendo di usufruire di finanziamenti illeciti perché il fatto era una prassi consolidata nel sistema, ai giorni nostri i vari Rutelli&Co si difendono accusandosi (l’ossimoro!) di sola ignoranza.  Che poi l’ignoranza la si può far passare, ma dev’essere di quella bella sana, come dire… un po’ magutta un po’ bòvara. Di quella che Polillo, sottosegretario all’economia, va in televisione ed elogia “Diceva Pereira” anziché “Sostiene Pereira”; per l’amor di Dio, tutto un putiferio su Tweeter per una cosuccia da nulla. Io fino a poco tempo fa credevo che il libro parlasse di un militante di chissà quale dittatore sudamericano! Certo è letale l’ignoranza che fa dire allo stesso Polillo che la soluzione al problema degli esodati è rendere nulli gli accordi di prepensionamento, magari facendo decidere la cosa caso per caso ad un giudice (il sottosegretario meriterebbe una lode per aver detto qualcosa che fa incazzare contemporaneamente lavoratori ed impresa, se non fosse per la forte concorrenza che trova in altri esponenti del governo). 

Torniamo per un attimo a Bossi: a lui mi vien quasi da concedergliela l’insaputaggine. Si, è così. Mi vien difficile credere che un settantenne con traumi da ictus sia sempre lucido e possa facilmente rendersi conto di ciò che gli gira attorno. Guardatelo, intervistato ieri dalle televisioni nazionali: come può un uomo lucido presentarsi davanti alle telecamere con una bacchetta degli occhiali infilata dentro e non sopra un orecchio? Non mi stupirebbe sapere che da padre abbia creduto o voluto credere alle panzane raccontante da figli, moglie ed amici. Dico, ma con tutti i suoi anni è davvero pensabile che egli sia consapevole di ciò che accade attorno? Chi mi fa cadere le braccia non è lui e nemmeno i figli approfittatori e i manovratori di partito (da questo punto di vista Maroni merita il premio “Cossiga 2012”), ma chi – sempre inconsapevolmente – permette ad un cariatide malato di girare per manifestazioni anziché rimanere a casa con la copertina a godersi la tranquillità più o meno meritata. Invece no, il Capo va ciecamente venerato, non importa quanto quello che dica e faccia sia biologicamente impossibile. Insomma: anche la gente, se fedele al culto del leader, diventa corresponsabile dei reati del loro idolo.

Credo di essermi confuso, volevo parlare di Bossi e sono finito col parlare del Papa. Beh, in tempo di Pasqua, non rimane altro che domandarsi se, davanti a tutto ‘sto casino, Dio non ci abbia creato a Sua immagine ed insaputa.

Dan Marinos

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