domenica 28 novembre 2010

Rapporto Debito/Equity: come idealizzare il proprio grado di autostima.



Ci sono certi concetti, certe teorie chiave dell’economia, che ti rimangono conficcate nella testa già dal primo semestre del primo anno della laurea triennale, e non puoi più in alcun modo dimenticarle: se sei dottore in economia puoi scordarti, chennesò, di andare a prendere i figli a scuola, di togliere i liquidi dal bagaglio a mano, puoi perfino dimenticarti di pagare le tasse, ma non puoi in alcun modo avere vuoti di memoria riguardo a certi argomenti. Uno di questi è il rapporto di indebitamento, o leverage, cioè quanto di ciò che è stato investito nell’azienda proviene dalle tasche dei soci-azionisti e quanto dai creditori (mutui delle banche, soldi dovuti all’erario, stipendi non ancora pagati ai dipendenti, altri finanziamenti come un leasing…).
Il concetto infatti è molto semplice, ed è sintetizzabile dal classico schemino dello stato patrimoniale di una società:
Il lato destro, indicato con “passività” e composto da debito ed equità, rappresenta le fonti da cui proviene il denaro che abbiamo investito nelle “attività”, che abbiamo diviso in materiali ed immateriali (brevetti, marchi…). Queste attività, unite al lavoro dei dipendenti, generano flussi di cassa che – si spera – sono superiori a quelli di input, fornitici da creditori ed azionisti; costoro infatti si attendono di essere rimborsati con l’aggiunta di interessi (per quanto riguarda i debitori) oppure di essere premiati con una distribuzione di dividendi sostanziosa (lato equità). E’ fondamentale riuscire a combinare, anzi ad equilibrare l’utilizzo delle fonti dei finanziamenti. Se si è troppo indebitati si rischia di far fallire l’azienda, o comunque di essere sempre troppo vincolata al volere delle banche. Se si usa troppo equity si va a pagare un costo maggiore: gli azionisti sono coloro che sopportano maggiormente il rischio di fallimento (non è qua che biosgna discutere il perché si parla sempre di Kd e Ke e mai si è parlato di rischio dei dipendenti), per cui pretendono un rendimento maggiore rispetto a quello richiesto dalle banche.
Ora, se traducessimo equity e debito in “aspettative personali” ed “aspettative di altri nei nostri confronti”, scopriremmo che il rapporto di indebitamento si può adattare anche alle persone, giorno per giorno. Da un lato infatti ognuno di noi si attende da sé stesso un determinato (a breve o a lungo) appagamento, e dall’altro lato genitori, parenti, amici, mogli, suocere,  Dio, capi di reparto o di ufficio, tifosi... tutti si aspettano da noi prestazioni adeguate che ripaghino promesse implicite od esplicite che gli abbiamo fatto. Per chiarirci, prendiamo qualche caso.
Il megalomane:  ossessionato da fama, ricchezza e potere, questo individuo attrae di solito veramente poche persone, per cui le aspettative di terzi sono veramente poca cosa rispetto all’autostima dell’individuo in questione. Rapporto di indebitamento nettamente spostato verso il lato equity. Pro: nessun rischio di deludere gli altri. Contro: come si è detto, il costo del capitale proprio è molto elevato e se il megalomane non riesce a pagare gli elevati flussi che egli stesso pretende, il collasso nervoso e il forte selling delle azioni porta ad un valore della persona pari a quello di una nocciolina.
Luigi Di Biagio e Fabio Grosso: due calciatori che non verranno ricordati nella storia dello sport se non per i rigori decisivi in due sfide tra Italia e Francia (il primo ai quarti dei mondiali del 1998, il secondo nella finale del 2006). Prima dei due tornei non è che le aspettative della comunità calcistica fossero, nei loro confronti, asfissianti: al massimo si poteva dire che pareggiava, o era inferiore, con ciò che loro si attendevano da loro stessi, per cui il rapporto di indebitamento era ben equilibrato. Invece l’apporto al capitale di terzi è esploso enormemente nel giro dei pochi minuti, anzi secondi, passati tra loro che si avvicinano al dischetto palla in mano, mettono giù la palla, prendono la rincorsa, calciano e sbagliano/segnano. Grosso riesce a ripagare se stesso e tutta una nazione con il flusso di cassa più grande dai tempi in cui gli esploratori diedero in mano alla Spagna un continente intero fatto d’oro. Di Biagio invece ha fallito; conseguenza catastrofica, due anni d’inferno, fino a perdere – di nuovo – con la Francia nella finale europei 2000.
Il ritardatario: le prime 10 volte tutti si attendono che lui arrivi in orario per l’appuntamento (leverage equilibrato). All’undicesimo ritardo, tutti imparano e prendono le adeguate misure: o abbassano il capitale investito o chiedono forti garanzie. Gli amici usano la prima soluzione, la ragazza la seconda (ovvero garantisce, in caso di ritardo, un muso lungo da qui fino allo Utah). Incredibilmente il ritardatario mantiene un aspettativa su se stesso sempre costante, malgrado un debito ballerino.
Dio: allora, la situazione è questa. E’ difficile affermare che il triangolo con l’occhio sia soddisfatto del mondo che ha creato, mentre ogni giorno 6 miliardi di preghiere( debito per altro in forte crescita ) gli salgono alle orecchie. Cazzo, se il rapporto debito/equity rappresenta un grado che va dall’ autocompiacimento alla depressione, Dio è un Emo.

Ora che hai capito come funziona, puoi anche tu farti il tuo grado di leverage. Ma attento, per tagliare il debito, usa solo forbici dalla punta arrotondata!!!


Dan Marinos

sabato 20 novembre 2010

Impairment Test e IAS 36 per il Parlamento Italiano


Premessa: invito l'intero dipartimento di accounting dell'università a NON leggere ciò che è stato scritto in questo articolo. Almeno finchè non avrete corretto il mio esame di bilancio.


Tra gli l’International Accounting Standards ce n’è uno, il numero 36, il cui scopo è quello di impedire che si mantenga registrato nello stato patrimoniale di una società un’attività sopravvalutata o inesistente: ciò significa che sono presenti degli investimenti segnati per un valore sopravvalutato, ovvero maggiore al cosiddetto “valore recuperabile”. Questo è un principio valido in tutti gli aspetti della gestione societaria, e presente anche nella nostra vita quotidiana: a chi non è mai capitato di comprare una bella casa in campagna, e un bel giorno vi costruiscono accanto una fabbrica di sbudellamento di maiali con annesso inceneritore per i rifiuti organici? Potete anche essere i più ottimisti del mondo, ma non potrete mai rivendere la villetta per un prezzo uguale o maggiore a quanto l’avevate pagata: il valore recuperabile è diminuito, e voi dovete tenere conto di questa svalutazione.
Ora, lo IAS 36 recita anche che non sempre all’interno del bilancio esistono singole attività che operano in maniera del tutto indipendente dal resto dell’azienda, ma soltanto una macroclasse generica di assets che cooperano insieme per un unico fine. Si necessita dunque un raggruppamento di questi assets affinché vengano considerati elemento unico, autonomo nella produzione e indipendente nella gestione. Questi insiemi sono detti CGU (Cash Generating Units).

Abbiamo già detto che lo IAS 36 può essere applicato su molti contesti: noi in questo articolo lo useremo per ri-valutare il Parlamento italiano. Innanzitutto, questo importante organo di Stato è composto da molti elementi che soltanto considerati nel loro insieme possono produrre qualcosa ( in questo caso considereremo il numero di leggi prodotto all’anno ): stiamo dunque osservando una CGU a tutti gli effetti, composta in particolare da:
-numero 2  Immobili (Palazzo Madama e Montecitorio).
-numero 915 poltrone (nota: le poltrone sono assets; i parlamentari, essendo dipendenti dell’azienda, non sono capitalizzabili e dunque non sono assets).
-il goodwill (o avviamento), ovvero quel valore che coglie le sinergie intangibili che permettono alle attività materiali di fornirci un buon prodotto (più è elevato, più le sinergie sono preziose). Nel nostro caso, sarà proporzionale al numero di leggi generate nell’arco della legislatura, e dunque cattura la capacità e stabilità dei parlamentari.
Sommati i valori di questi 3 elementi, abbiamo il “prezzo” complessivo della CGU.

Cosa accade quando una CGU perde valore e dobbiamo registrare una svalutazione? Interviene l’impairment test (test di svalutazione): il primo elemento ad essere colpito è il Goodwill, perché vuol dire che non ci sono più le stesse sinergie di prima (i parlamentari che non lavorano litigano, si sputano addosso, tirano fuori la mortadella o lo spumante). Poi, se ciò non ha ripianato del tutto la perdita (ovvero se non è intervenuto qualcuno – il presidente della repubblica o del consiglio – a ristabilire l’ordine modificando l’assetto di governo e le alleanze, e dunque si procede allo scioglimento delle camere) dovremo intervenire al ribasso anche sugli altri componenti. Ma cosa toccare: immobili o sedie?
Lo IAS vorrebbe che si svalutassero le restanti parti della CGU in maniera equa o proporzionale, ma nel caso specifico è difficile pensare che due edifici storici in centro Roma perdano valore in maniera sensibile (anzi, se mai lo Stato dovesse dismetterli, sai quanto grano ci tiri su!). Piuttosto dovremmo intervenire sull’arredamento, cominciando ad abbassare il numero delle poltrone e dei tavoli, supponiamo per un valore proporzionale a 1) il rapporto tra il numero di leggi che si sarebbero dovute fare se non si interrompeva la legislatura e 2) i giorni di blocco prima delle nuove elezioni, il tutto corretto per alcuni coefficienti di aggravante, come la presenza di una crisi economica da risolvere velocemente, la mancanza di un sistema di rinnovo della classe politica e l’assenza del paese da qualsiasi top ten (dalla classifica dei paesi con libertà di stampa, al miglior rapporto pil/debito, dal miglior sistema educativo alla migliore competitività nel settore degli scaldabagni in ghisa).
Abbiamo bisogno di verificare quanto vale la CGU-Parlamento, e dobbiamo effettuare questo test costantemente, data l’instabilità politica italiana (per le legislature di destra, andrebbe affrontato più o meno una volta al mese, per quelle di sinistra ogni volta che si fa una cazzo di votazione). Se sta lavorando meno di quanto ci si attende, vuol dire che abbiamo sopravvalutato il goodwill: dobbiamo tagliarlo! Se addirittura vengono sciolte le camere prima del termine del mandato, vuol dire che la perdita è cosi grave da superare l’avviamento: mentre prima ci si aspettava che si generassero numero n leggi, ora non solo abbiamo annullato la produzione, ma addirittura dobbiamo registrare perdite incredibili dettate dal blocco delle attività in attesa di nuove elezioni.

E allora via, a mettere le sedie su Ebay! “Mi cala la produzione, devo tagliare i posti di lavoro” dice l’imprenditore brianzolo. “Mi cala la produzione, devo tagliare i posti a sedere” dicono gli elettori. E lo facciamo non per odio verso la classe politica, macchè: stiamo invece seguendo uno dei principi chiave del frame work degli IAS, cioè il principio di attendibilità/prudenza nelle valutazioni.
Quando poi torneremo a legislature altamente produttive (semmai esistessero) ripristineremo i valori fino al loro stato originario. Al limite, anziché poltrone, metteremo sgabelli, a monito della precarietà sul posto di lavoro.

Dan Marinos

venerdì 12 novembre 2010

Alternative Investments: perchè nessuno finanzia la costruzione della macchina del tempo


La macchina del tempo: un'invenzione che registi, scrittori, fumettisti e donne over-40 hanno sempre sognato. Ma perchè nessuno sforzo è ancora stato fatto affinchè sia data la luce a questo veicolo spazio-temporale? Sappiamo bene che nulla è stato impossibile per l'homo erectus, il quale si è sempre prodigato verso lo sviluppo di nuove tecnologie, di nuovi marchingegni, di nuove stramberie (salvo durante il buio medioevo, identificabile oggi come la pausa pranzo della civiltà occidentale). La ruota? Fatto. Gli acquedotti? Sicuro. L'aereo? Due ali e pedalare.
E allora perchè non abbiamo ancora pensato a sviluppare la macchina del tempo? Non per mancanza di tempo e risorse, altrimenti non avremmo preferito costruire una pista sotterranea per hot-whells atomiche grande come tutta la Svizzera. La verità è che nessuno investirà mai in questo settore o sarebbe la fine del sistema economico come noi lo conosciamo e riusciamo a pensare.

Conoscete il concetto di capitalizzazione/attualizzazione: io ti presto oggi dei soldi (C) e tu me li restituisci domani con gli interessi (C+C*i, ovvero C*(1+i) ). Equivalentemente, se mi servono soldi in futuro (F), posso investire ad un tasso (i) un ammontare pari a F/(1+i).
Ora, supponiamo che l'inventore Emmet Brown, nel 1985, proponga alla banca un business plan riguardante la costruizione di una DeLorean in grado di viaggiare nel tempo (Euro 5, con ESP e lettore mp3 integrato), e che servano C euro per tutto il progetto che dura, per semplicità, un anno. Se la banca accettasse e finanziesse l'inventore, e se il progetto andisse a buon fine, cosa accadrebberebbe a scadenza?
1) Doc Brown restituisce C euro più gli interessi C*i e coi soldi che gli rimangono si gode una vacanza nel 1955.
2) Doc, furbo, torna indietro di un anno, nel 1985, esattamente il giorno in cui chiese il prestito. Non appena vede il Doc giovane uscire dalla banca col malloppo in mano, rientra e riconsegna C (dicendo "ops, mi sono sbagliato, io volevo solo inventare l'innocuo ed inutile e-book") e si tiene per se gli interessi maturati C*i.
3)Doc, conosciuto al bar come "la faina della Hill Valley", va nel 1984 e si presenta alla banca per depositare C/(1+i) (i restanti C(1+i)-C/(1+i), ovvero i soldi dovuti nel 1986 e quelli depositati nel 84, li spende in vinili usciti quell'anno, cioè Born in the USA e Defenders of the Faith dei Judas Priest). I soldi depositati genereranno C nel 85, affinchè Doc possa autofinanziare la costruzione di un altra macchina del tempo.

Risultato: soldi che generano soldi a costo zero! E senza contare l'intervento dell'inflazione, che boosterebbe tutto il ragionamento qui sopra! Banche che investono soldi una volta, per poi diventare luogo di frequentazione di viaggiatori del tempo! GRANDE GIOVE!

Tale invenzione è dunque destinata a rimanere il sogno infranto di Moira Orfei e Sophia Loren? Ebbene no, forse una soluzione c'è, e ce la suggerisce il nostro adorato sistema capitalistico: i Venture Capitalists, i quali non finanziano i business plan con strumenti di credito, bensì con capitale di rischio, cioè titoli azionari. E voglio proprio vedere Doc che torna indietro nel tempo per rivendere azioni di una società che non è ancora stata quotata, sto coglione!!!

Dan Marinos