lunedì 21 maggio 2012

Fedeli nel mercato!



Otherwise, STRONG SELL.


Venerdì il freno principale alla mia tesi di laurea, cioè Facebook, si è finalmente quotato in borsa dopo secoli di bisbigli e aspettative. Ogni singola azione è stata offerta a 38$, prezzo che praticamente è rimasto invariato alla chiusura della borsa (38 virgola un “mi piace”) nonostante uno strappo a 42$ durante la giornata. Il fatto che 38$ erano e 38$ sono rimasti è interessante e lascia aperte molte risposte (che verranno confermate o sbugiardate nelle prossime settimane, se non nei prossimi anni). Si potrebbe per esempio dire che le banche di investimento hanno perfettamente azzeccato il valore che il mercato ritiene sia corretto per la società, evitando di lasciare “sul tavolo dell’IPO” anche un solo dollaro; in altre parole l’offerta non era affatto underpriced (tecnica ben illustrata dal manuale di Investment Banking del buon Iannotta, avente come fine quello di aggraziarsi la domanda). I fenomeni di underpricing erano particolarmente vivaci durante la dot.com bubble, quando durante il primo giorno di contrattazione si poteva facilmente osservare un incremento di prezzo di più del 100%. Con quello che è successo a Facebook (col suo misero +0.6% a fine giornata) si potrebbe pure sperare che i mercati abbiano imparato qualcosa, sempre che già 38$ per un’ azienda che lucra sulle foto di me ubriaco non sia un prezzo troppo elevato. Magari era una giornata sfortunata per un’IPO del genere, con Linkedin che ha punteggiato un loffioso -5.65% Groupon che ha sganciato un -6.68% e Zynga che ha vomitato il 13.42% di se stessa. Se l’addio al nubilato di Facebook si è concluso con un totale immobilismo si spera almeno che la prima notte di nozze di Zuckerberg abbia avuto erezioni migliori, di certo facilitate dal fatto che, intraday return  o meno, l’IPO del social network ha comunque portato alle tasche del ricciolo fondi delle dimensioni di una mini-manovra tremontiana. 

Nel frattempo qualcuno si domanda se il mondo virtuale stia per imporsi nuovamente sul mercato come alla fine del vecchio millenio. Qualcuno ci crede, qualcuno no. Una risposta è stata data ieri sera al Citi Field di New York, stadio di baseball dove 40mila ebrei ortodossi si sono trovati per scegliere se condannare o meno Internet. La loro risposta è stata: “Barabba!”.  Come scrive il Corriere della Sera, i partecipanti ritengono la rete un flagello sia per i contenuti porno sia per la corruzione dei rapporti sociali e familiari perpetuata dai social network. Rapporti familiari che per altro si basano comunque sulla comunicazione a distanza, visto che le donne sono dovute rimanere nelle comunità ebraiche di NY a seguire la diretta TV (così vuole la religione). Certo gli ebrei ortodossi non devono aver preso molto bene l’IPO di Facebook, ma grazie a Dio esistono forze del bene pronte a combattere le azioni di Satana. Per chiamarle non dovete pregare, non dovete implorare, non dovete sacrificare vostro figlio Isacco: basta andare sul mercato e comprarle.

Il Pax Fund, l’Amana Fund, il Praxis Fund o l’Ave Maria Investment Fund. Tu dimmi una religione e io ti trovo la quotazione. I primi due tuttavia hanno profili poco ortodossi, o per lo meno così appare dal loro sito internet. I principi religiosi alla base della selezione degli investimenti non sono messi particolarmente in evidenza, e l’importanza maggiore viene data ai prodotti offerti e alle loro performances.  Il Pax Fund venne fondato nel 1971 sotto lo sguardo vigile dei principi della United Methodist Church; l’Amana Fund segue i principi del “Halal investing”, ovvero le regole imposte dal Corano sugli investimenti finanziari (niente interessi, niente società che offrono alcol, pornografia, scommesse e niente banche). Ma che il Corano imponga esotiche strategie finanziarie lo sanno oramai anche i sassi del Sinai.
Molto più pubblicizzate sono le intenzioni degli anabattisti mennoniti con il loro Everence Praxis Fund. Everence si definisce “a financial services organization based on the idea that it is possible to incorporate your faith and values with your decisions about money. We do this to follow the biblical instruction to be good stewards” e servono non solo il loro gruppo religioso ma decine di altri ordini, dal Old Order Amish alla Fellowship of Grace Brethern Curch: insomma, altro che peanuts. Tra i loro prodotti spicca il Core Stock Fund, che evita i produttori di armi, che investe in chi rispetta la santità della vita umana, e che cerca aziende con una dannata “sound corporate governance”. Ma il migliore di tutti è senza dubbio l’Ave Maria Mutual Fund, "the America largest of Catholic Mutual Funds". E qui non si scherza più. Il loro prodotto “Catholic Values Fund” investe solo nelle società che rispettano gli insegnamenti della Chiesa Cattolica Romana. Nell’advisory board lavorano personaggi come Lou Holtz, “one of the most successful college football coaches of all time, a football analyst for ESPN and a highly sought inspirational and motivational speaker”, o come Bowie K. Kuhn, “Former Commissioner of Major League Baseball”, o infine come Fratello John Riccardo e Thomas Moneghan, fondatore della Domino’s Pizza.

Qui sotto il prospetto dei rendimenti dei fondi che avete appena letto. E’ evidente che l’orgia peccaminosa dell’indice laico può appagare soltanto nel breve termine, mentre i valori della fede vincono nei secoli dei secoli. Redimetevi, prima del giudizio finale di una società di rating ortodossa!


1yr
3yrs
5rys
10yrs
Amana Income Fund
-0,15
15,04
4,11
8,92
Pax Balanced Fund
-1,13
12,95
1,14
4,69
Everence Core Stock Fund
-0,53
14,98
-2,91
0,95
Ave Maria Catholic Values Fund
0,60
21,73
1,20
6,40





S&P 500 Index
4,76
19,44
1,00
4,70



Dan Marinos

































1,00
4,70


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